Il generale si avvicina con rapide falcate. Hiram gli sorride e accenna un inchino, ma il generale lo afferra per le spalle.
"No, no, Maestro...sono io che mi inchino alla tua arte...è un tempio meraviglioso, stai facendo un lavoro incredibile..."
Le braccia di Hiram si aprono come un compasso e indicano i vari gruppi di uomini che in quel momento lavorano intorno a loro.
"Sono questi uomini che vedi che lo stanno costruendo impastando mattoni con il loro sudore e tagliando pietre con la loro fatica, io li dirigo soltanto, generale"
"Hai ragione Maestro Hiram, anche le mie battaglie le vincono i miei soldati, ma senza di me sarebbero solo un branco di briganti e di straccioni armati"
Una risata raglia nella gola del generale, mentre Hiram scuote la testa divertito e nota il drappello di soldati accanto all'ingresso del Tempio.
"Generale, a cosa debbo l'onore della tua visita?"
La risata dell'uomo d'armi si affievolisce mentre i suoi occhi si puntano in quelli del costruttore e parlano prima che Hiram possa udire la sua voce ora neutra.
"Maestro Hiram...ho accompagnato per ordine del nostro re...che l'Altissimo lo protegga e gli conceda lunga vita e prosperità...ho accompagnato il nostro illuminato Gran Sacerdote e il suo braccio destro, Yosseph il giovane".
Hiram immagina i due sacerdoti all'interno delle fresche mura del Tempio, mentre osservano il suo lavoro cercando difetti o punti deboli di cui lamentarsi con il Re Salomone. E' già accaduto, accadrà ancora. Il vecchio si accarezzerà la lunga barba bianca vagando per il Tempio mentre il giovane resterà fermo alle sue spalle, in silenzio, con i suoi occhi febbricitanti e le sue guance scavate da desideri insoddisfatti coperte da una barba ancora scura, pronto a correre accanto al Gran Sacerdote mentre il vecchio indica qualcosa con la punta del suo lungo bastone. Il bastone del Gran sacerdote è di legno di cedro con una impugnatura in oro e tre grosse pietre preziose incastrate al suo interno: una nera come la notte scagliata da uno spirito dell'aria contro un villaggio di pescatori , una trasparente e durissima arrivata dalla terra degli egizi e una rossa come il sangue, dono di alcuni mercanti di terre oltre il mare.
La mente di Hiram ritorna fuori dal Tempio, alla presenzza del soldato che lo osserva. Il costruttore abbozza un sorriso e ascolta la propria voce: "La visita del Gran Sacerdote è sempre una benedizione per il nostro cantiere, generale...accompagnami da lui..."
I due uomini si incamminano verso l'entrata del Tempio delimitata da due alte colonne di bronzo meravigliosamente cesellate, aprendo un varco innaturale tra la folla brulicante degli operai che si fermano al passaggio di Hiram, salutandolo. Hiram risponde ad ogni saluto sorridendo e attirandosi la sottile e divertita invidia del generale che avrebbe desiderato un tale attaccamento e rispetto dai suoi soldati. Hiram accarezza con la mano destra una delle colonne poste all'ingresso del Tempio come per assicurarsi che non si tratti di una illusione e guardando l'entrata buia vede il generale scomparire nel fresca ombra . Hiram si volta un attimo a guardare il cielo e poi si tuffa anch'egli nel buio della prima stanza del Tempio.
Pensieri per un viaggio tra la Pietra e la Luce (poi ho scoperto che la pietraluce è un materiale per i sanitari...maktub, tutto è scritto!)
Thursday, July 28, 2011
Monday, July 25, 2011
Just a perfect day (II)
La stradina curva varie volte prima di sfociare in una strada più larga in cui improvvisamente appare un piccolo gregge. Hiram si addossa ad un muro mentre saluta con un sorriso il pastore, che ricambia il saluto mostrando con orgoglio i suoi ultimi due incisivi. Hiram continua la sua ascesa stra stardine che si riempiono di uomini e donne che abbracciano ceste o si piegano sotto sacchi turgidi, e nonostante la fatica troovano il tempo e il modo di fermarsi per salutare il costruttore del Tempio, con un piccolo inchino o con un sorriso. Hiram ricambia tutti e sente di amare quel luogo in cui i suoi figli e la sua anima sono cresciuti. Improvvisamente, dietro una curva si apre una spianata di terra battuta rossastra e la città sembra respirare mentre lo sguardo di Hiram risale lungo il recinto esterno del Tempio dal quale pendono ciuffi di pulegge e corde. Hiram sale lungo l'ampia scalinata superando i suoi operai curvi sotto travi di legno di cedro o sacchi enormi. Ogni uomo avverte attraverso la nebbia della fatica lo sguardo benevolo di Hiram, si volta e saluta. Hiram è entrato nel cantiere del Tempio, Hiram è al lavoro con i suoi operai. Al termine della scalinata, come ogni mattina, lo aspetta Ephraim, il portatore d'acqua. Ephraim è un ragazzino di 12 anni, magro e con occhi luminosi sotto ricci scuri, è figlio di una vedova che Hiram e sua moglie incontrarono per strada un paio di anni prima. La donna si inginocchiò davanti ad Hiram e prese a baciargli le mani chiedendo un aiuto per se e per il figlio. Hiram la risollevò e si accorse di quel bambino magrissimo e dagli occhi tristi alle spalle della donna. Cosi Ephraim divenne un portatore d'acqua del cantiere del Tempio. Con il suo otre aspettava ogni mattina Hiram per fargli assaggiare l'acqua che aveva prelevato da un pozzo della città e che serviva a dissettare gli operai durante il loro lavoro. Anche questa mattina, puntuale, Ephraim è li, ad aspettare il Maestro Hiram con il suo sorriso e con un livido violaceo sulla guancia sinistra.
"Buona giornata Maestro Hiram!"
Il sorriso del ragazzo precede una tazza di legno d'ulivo colma d'acqua.
"Buona giornata a te, Ephraim!"
Hiram beve l'acqua fresca socchiudendo gli occhi .
"Questa va bene, puoi darla agli operai...cos'hai fatto li sulla guancia?"
Il ragazzo riprende la tazza e abbassa lo sguardo.
"Niente Maestro Hiram, sono caduto"
Hiram guarda per un attimo i ricci scuri del ragazzo, poi avverte degli sguardi rivolti verso di lui e guarda istintivamente verso sinistra, in tempo per vedere due operai che rapidamente riprendono a lavorare distogliendo lo sguardo da lui e dal portatore d'acqua.
"Capisco Ephraim...vedrai che da domani non cadrai più..."
Il ragazzo solleva lo sguardo impaurito e scruta il viso intenso del Maestro.
"Alla fine del lavoro vai da Boaz..."
Gli occhi del ragazzo si riempiono di lacrime. Andare da Boaz alla fine del lavoro significava essere pagati per il lavoro svolto e poi essere cacciati dal cantiere del Tempio.
La mano forte di Hiram si poggia sulla spalla di Ephraim e la stringe dolcemente.
Il sorriso di Hiram lascia spazio alla sua voce calma.
"Da domani sarai un apprendista agli ordini diretti di Boaz che ti affiderà ad un bravo maestro muratore che ti istruirà al lavoro...non mi deludere Ephraim!"
"No maestro Hiram, mai..."
Il ragazzo prende la mano di Hiram dalla sua spalla e comincia a baciarla.
Hiram è divertito dal calore di quel piccolo uomo.
"Smettila ora ragazzo e va a lavorare"
La mano di Hiram sfugge alle labbra del ragazzo e colpisce con affetto i suoi riccioli, mentre gli occhi del delMaestro cercano i due operai che lo scrutavano prima. Li trovano e sembra che i due lavorino per venti in quel momento.
Ephraim è ancora li confuso, ma qualcosa lo risveglia.
"Maestro Hiram...il generale Giosafat ha scortato nel Tempio due sacerdoti poco fa".
Hiram guarda in direzione della porta del tempio e vede apparire un uomo possente coinindosso un' armatura.
Il cranio dell'uomo è lucido. Il generale Giosafat solleva un braccio in segno di saluto, lo stesso braccio che ha usato innumerevoli volte in battaglia per ordinare l'attacco. Hiram sente una nube oscurargli il cuore, anche se conosce bene quell'uomo feroce, ma giusto.
"Buona giornata Maestro Hiram!"
Il sorriso del ragazzo precede una tazza di legno d'ulivo colma d'acqua.
"Buona giornata a te, Ephraim!"
Hiram beve l'acqua fresca socchiudendo gli occhi .
"Questa va bene, puoi darla agli operai...cos'hai fatto li sulla guancia?"
Il ragazzo riprende la tazza e abbassa lo sguardo.
"Niente Maestro Hiram, sono caduto"
Hiram guarda per un attimo i ricci scuri del ragazzo, poi avverte degli sguardi rivolti verso di lui e guarda istintivamente verso sinistra, in tempo per vedere due operai che rapidamente riprendono a lavorare distogliendo lo sguardo da lui e dal portatore d'acqua.
"Capisco Ephraim...vedrai che da domani non cadrai più..."
Il ragazzo solleva lo sguardo impaurito e scruta il viso intenso del Maestro.
"Alla fine del lavoro vai da Boaz..."
Gli occhi del ragazzo si riempiono di lacrime. Andare da Boaz alla fine del lavoro significava essere pagati per il lavoro svolto e poi essere cacciati dal cantiere del Tempio.
La mano forte di Hiram si poggia sulla spalla di Ephraim e la stringe dolcemente.
Il sorriso di Hiram lascia spazio alla sua voce calma.
"Da domani sarai un apprendista agli ordini diretti di Boaz che ti affiderà ad un bravo maestro muratore che ti istruirà al lavoro...non mi deludere Ephraim!"
"No maestro Hiram, mai..."
Il ragazzo prende la mano di Hiram dalla sua spalla e comincia a baciarla.
Hiram è divertito dal calore di quel piccolo uomo.
"Smettila ora ragazzo e va a lavorare"
La mano di Hiram sfugge alle labbra del ragazzo e colpisce con affetto i suoi riccioli, mentre gli occhi del delMaestro cercano i due operai che lo scrutavano prima. Li trovano e sembra che i due lavorino per venti in quel momento.
Ephraim è ancora li confuso, ma qualcosa lo risveglia.
"Maestro Hiram...il generale Giosafat ha scortato nel Tempio due sacerdoti poco fa".
Hiram guarda in direzione della porta del tempio e vede apparire un uomo possente coinindosso un' armatura.
Il cranio dell'uomo è lucido. Il generale Giosafat solleva un braccio in segno di saluto, lo stesso braccio che ha usato innumerevoli volte in battaglia per ordinare l'attacco. Hiram sente una nube oscurargli il cuore, anche se conosce bene quell'uomo feroce, ma giusto.
Friday, July 15, 2011
Just a perfect day
Qualche velo della notte appena finita si nasconde ancora tra i rami dell'ulivo, come d'abitudine negli ultimi cento e più anni. Facile nascondersi tra quei rami storti coperti di piccole gemme. In basso, tra le radici spesse che guardano ad oriente c'è la casa di una pietra larga e piatta, un sedile su cui siede Hiram, il costruttore. La pietra è stata scelta con cura dall'uomo anni prima, ne troppo grande ne troppo piccola, non troppo irregolare e non troppo regolare, chiara ma non troppo,. Ora la sua superficie è stata levigata dal corpo del costruttore che ogni mattina, prima dell'alba, si siede sullo scomodo sedile e, guardando ad oriente attende con fiducia che il sole sorga, e nell'attesa pensa. Anche stamattina sua moglie, Myrhiam, lo ritroverà nel giardino della loro casa a Gerusalemme, seduto con la schiena dritta a guardare il sole che sorge con gli occhi socchiusi e il dorso delle mani posato sulle ginocchia. Come tutte le mattine gli arriverà accanto con una brocca di acqua fresca e riceverà il suo solito sorriso, lo stesso sorriso che lei, da bambina, aveva visto sul viso abbronzato di un giovane uomo di Tiro. quello che poco dopo sarebbe diventato suo marito. La barba che circonda quel sorriso ora è meno scura, e ai lati dei suoi occhi del colore della corteccia dell'ulivo, ci sono piccoli tagli causati dalle unghia del tempo. Myrhiam, l'egiziana, ama quei graffi, quella barba brizzolata, quegli occhi, quelle mani, ama quell'uomo che costruisce il Tempio, il suo uomo, il padre dei suoi figli. L'uomo avverte la presenza della donna e dischiude gli occhi sorridendo. Il suo volto è rilassato come dopo un lungo sonno, la luce nei suoi occhi è oscurata solo dal sole che sorge.
"Buongiorno, regalo di Dio"
"Buongiorno Hiram"
La donna gli porge la brocca da cui l'uomo beve bagnadosi la barba riccia. Una leggera folata di vento da oriente sussurra tra i rami dell'albero e scivola sui volti di marito e moglie. Hiram si solleva, abbraccia la donna sottile, affonda il viso nei suoi capelli ancora corvini e respira il loro profumo, mentre la piccola donna scompare tra le sue braccia. Poi la bacia sulla fronte e per un attimo affonda nei suoi occhi antichi.
"Andiamo in casa"
I due attraversano il giardino fresco di rugiada e d'ombra e pieno di alberi da frutto e palme, entrano in casa dove un giovane miscuglio del loro sangue li aspetta in piedi.
"Buongiorno padre"
"Buongiorno Boaz"
Il giovane ha la struttura fisica del padre, braccia possenti e sorriso allegro, lavora anche lui alla costruzione del Tempio e ne è profondamente orgoglioso.
"Padre cosa devo dire agli operai oggi? Abbiamo quasi finito la parte d'occidente..."
"Ho visto il lavoro Boaz...ottimo, ma vorrei che rivedessimo insieme il calcolo..., la parte del muro a sinistra mi sembra poco armoniosa, non sembra anche a te?"
"Si padre...è strano...è come se fosse stata sbagliata apposta...ma possiamo rivedere i calcoli con Jachin"
"Si precedimi al cantiere...io divento vecchio e tu hai le gambe agili di una capra..."
"Padre tu non sarai mai vecchio..."
"E tu sarai sempre un bugiardo!"
Gli occhi neri di Myrhiam si riempiono dei due uomini che si sorridono e un calore intenso sale dal suo ventre e si apre nel suo petto, allargandolo. Myrhiam respira la felicità.
"Mia signora , Jachin dov'è?"
La piccola donna ancora abbracciata alla brocca dell'acqua riemerge dalla sua beatitudine.
"Dorme Hiram, è tornato a notte fonda, stanotte è rimasto ad osservare le stelle, ti ricordi?"
"Si è vero...gli avevo affidato dei calcoli importanti per questi giorni...va bene...tu, Boaz precedimi...arrivo subito...devo finire la purificazione"
"Bene padre a dopo...."
I passi del giovane risuonano nella casa ancora silenziosa. Jachin li ascolta allontanarsi. Non dorme. Non può. Le stelle chiare stanotte gli hanno parlato e lui non vuole credere a ciò che hanno detto. Le stelle non gli hanno mentito mai, da quando ha imparato a osservale grazie ad un maestro delle Terre tra i Fiumi, perchè dovrebbero farlo ora? Si alza dal suo giaciglio e va dal padre. Hiram si stà lavando poco fuori dalla casa con l'aiuto di Myrhiam. Non si aspettano di vedere la figura sottile e nervosa del giovane accanto a loro. I suoi occhi stanchi sono pieni di una nebbia che entrambi conoscono e che si chiama paura.
"Jachin! Pensavo dormissi...che hai?"
"Padre...madre...io...io...".
Hiram e Myrhiam guardano il giovane e si scambiano una occhiata interrogativa, Loro figlio Jachin è uno studioso, un saggio, ha ereditato la bellezza della madre e la sua intelligenza acuta, e una volontà che nessun sacrificio è riuscito a indebolire. Ora, li di fronte a suo padre e sua madre, sembra un bimbo spaventato e solo,
"Parla Jachin...cosa succede? Problemi con i calcoli?"
"No, padre"
"Allora?"
Lo sguardo del giovane oscilla tra la madre e il padre, in cerca della forza per inspirare aria e parlare.
"Padre...le stelle...stanotte mi hanno parlato ...non devi andare al Tempio oggi...ti prego...."
"Jachin...io sono l'architetto...devo essre al cantiere oggi!"
"No padre...tu non capisci...ti prego madre convincilo...tu non devi andare al Tempio oggi...il Male vuole il Tempio e...e farà di tutto...di tutto per averlo...oggi".
Il volto di Myrhiam, divenuto di cera scura, si rivolge a Hiram che si asciuga il petto villoso chiando il capo per non mostrare i proprio pensieri.
"Mia Signora...figlio mio..."
L'uomo che si rinfila la tunica pulita stringendola alla vita con una cintura larga è Hiram Abif, il costruttore del Tempio di Gerusalemme. La sua voce è la voce dell'arte e della saggezza, della volontà e del lavoro.
"Da molto tempo ciò che è oscuro prova a circondare ciò che è luminoso, da molto tempo le pietre vengono sparse e sbriciolate invece di essere assemblate per formare muri e case e templi"
"Padre, ti prego ascoltami..."
"Jachin..." Hiram poggia la sua mano sinistra sulla guancia del figlio.
"Myrhiam..." la mano destra dell'uomo accarezza la guancia della sua sposa.
"L'Altissimo ha disegnato le stelle e ordinato il loro cammino per uno scopo, noi costruiamo da molteplici anni il suo Tempio. Io sono il suo architetto e con voi costruisco una casa per la Luce. Non abbiate paura."
Il solito sorriso allegro di Hiram abbraccia il giovane e la donna, seguito dalle sue braccia, poi Hiram si volta e sale verso la stradina che porta al Tempio scomparendo negli occhi di Jachin e Myrhiam che si cercano e si abbraccaino, metre le lacrime della loro anima diventano visibili.
"Buongiorno, regalo di Dio"
"Buongiorno Hiram"
La donna gli porge la brocca da cui l'uomo beve bagnadosi la barba riccia. Una leggera folata di vento da oriente sussurra tra i rami dell'albero e scivola sui volti di marito e moglie. Hiram si solleva, abbraccia la donna sottile, affonda il viso nei suoi capelli ancora corvini e respira il loro profumo, mentre la piccola donna scompare tra le sue braccia. Poi la bacia sulla fronte e per un attimo affonda nei suoi occhi antichi.
"Andiamo in casa"
I due attraversano il giardino fresco di rugiada e d'ombra e pieno di alberi da frutto e palme, entrano in casa dove un giovane miscuglio del loro sangue li aspetta in piedi.
"Buongiorno padre"
"Buongiorno Boaz"
Il giovane ha la struttura fisica del padre, braccia possenti e sorriso allegro, lavora anche lui alla costruzione del Tempio e ne è profondamente orgoglioso.
"Padre cosa devo dire agli operai oggi? Abbiamo quasi finito la parte d'occidente..."
"Ho visto il lavoro Boaz...ottimo, ma vorrei che rivedessimo insieme il calcolo..., la parte del muro a sinistra mi sembra poco armoniosa, non sembra anche a te?"
"Si padre...è strano...è come se fosse stata sbagliata apposta...ma possiamo rivedere i calcoli con Jachin"
"Si precedimi al cantiere...io divento vecchio e tu hai le gambe agili di una capra..."
"Padre tu non sarai mai vecchio..."
"E tu sarai sempre un bugiardo!"
Gli occhi neri di Myrhiam si riempiono dei due uomini che si sorridono e un calore intenso sale dal suo ventre e si apre nel suo petto, allargandolo. Myrhiam respira la felicità.
"Mia signora , Jachin dov'è?"
La piccola donna ancora abbracciata alla brocca dell'acqua riemerge dalla sua beatitudine.
"Dorme Hiram, è tornato a notte fonda, stanotte è rimasto ad osservare le stelle, ti ricordi?"
"Si è vero...gli avevo affidato dei calcoli importanti per questi giorni...va bene...tu, Boaz precedimi...arrivo subito...devo finire la purificazione"
"Bene padre a dopo...."
I passi del giovane risuonano nella casa ancora silenziosa. Jachin li ascolta allontanarsi. Non dorme. Non può. Le stelle chiare stanotte gli hanno parlato e lui non vuole credere a ciò che hanno detto. Le stelle non gli hanno mentito mai, da quando ha imparato a osservale grazie ad un maestro delle Terre tra i Fiumi, perchè dovrebbero farlo ora? Si alza dal suo giaciglio e va dal padre. Hiram si stà lavando poco fuori dalla casa con l'aiuto di Myrhiam. Non si aspettano di vedere la figura sottile e nervosa del giovane accanto a loro. I suoi occhi stanchi sono pieni di una nebbia che entrambi conoscono e che si chiama paura.
"Jachin! Pensavo dormissi...che hai?"
"Padre...madre...io...io...".
Hiram e Myrhiam guardano il giovane e si scambiano una occhiata interrogativa, Loro figlio Jachin è uno studioso, un saggio, ha ereditato la bellezza della madre e la sua intelligenza acuta, e una volontà che nessun sacrificio è riuscito a indebolire. Ora, li di fronte a suo padre e sua madre, sembra un bimbo spaventato e solo,
"Parla Jachin...cosa succede? Problemi con i calcoli?"
"No, padre"
"Allora?"
Lo sguardo del giovane oscilla tra la madre e il padre, in cerca della forza per inspirare aria e parlare.
"Padre...le stelle...stanotte mi hanno parlato ...non devi andare al Tempio oggi...ti prego...."
"Jachin...io sono l'architetto...devo essre al cantiere oggi!"
"No padre...tu non capisci...ti prego madre convincilo...tu non devi andare al Tempio oggi...il Male vuole il Tempio e...e farà di tutto...di tutto per averlo...oggi".
Il volto di Myrhiam, divenuto di cera scura, si rivolge a Hiram che si asciuga il petto villoso chiando il capo per non mostrare i proprio pensieri.
"Mia Signora...figlio mio..."
L'uomo che si rinfila la tunica pulita stringendola alla vita con una cintura larga è Hiram Abif, il costruttore del Tempio di Gerusalemme. La sua voce è la voce dell'arte e della saggezza, della volontà e del lavoro.
"Da molto tempo ciò che è oscuro prova a circondare ciò che è luminoso, da molto tempo le pietre vengono sparse e sbriciolate invece di essere assemblate per formare muri e case e templi"
"Padre, ti prego ascoltami..."
"Jachin..." Hiram poggia la sua mano sinistra sulla guancia del figlio.
"Myrhiam..." la mano destra dell'uomo accarezza la guancia della sua sposa.
"L'Altissimo ha disegnato le stelle e ordinato il loro cammino per uno scopo, noi costruiamo da molteplici anni il suo Tempio. Io sono il suo architetto e con voi costruisco una casa per la Luce. Non abbiate paura."
Il solito sorriso allegro di Hiram abbraccia il giovane e la donna, seguito dalle sue braccia, poi Hiram si volta e sale verso la stradina che porta al Tempio scomparendo negli occhi di Jachin e Myrhiam che si cercano e si abbraccaino, metre le lacrime della loro anima diventano visibili.
Wednesday, July 6, 2011
TAV, TAX, SPES, UNI, PPP, OBAMA
Non sono impazzito, ancora, ma le parole del titolo sono un appunto preso mentre mi guardavo intorno arrivando in Ospedale e ascoltando la radio, uno schizzo di realtà, una impressione per non dimenticare (e chi ci riesce?). Qui vicino si sono menati black blok e poliziotti (mi sembra che i secondi ne abbiano prese di più), per un'opera che a seconda del vento è essenziale o non serve a niente e intanto sta li in mezzo (testimonio che il tratto milano torino della TAV non serve a un beneamato). Costruire costa, e soldi in giro pochi. Allora tasse mascherate mentre penso di acquistare una bella auto a uranio impoverito che la benzina e il gasolio fanno male a me e al mio portamonete e io non sono povero. A proposito, meglio tassare chi ha di meno e non viene a prendere l'aperitivo con me, altrimenti le tartine pro-adipe me le mangio da solo. Ma dato che di carettere siamo allegri, penso che c'è sempre una speranza. Anche qui. Poi partecipo a riunioni e ascolto discorsi e vedo budget e guardo giovani lavorare bene e con amore per poco (meglio, se li paghi di più smettono di lavorare!!! Ci vuole pungolo ci vuole nelle università) e mi immagino i discorsi dei loro genitori di sera :"era meglio farle fare la parrucchiera! Te l'ho detto ma tu volevi il pezzo di carta...guarda il figlio della Marchetti che ha aperto la carrozzeria...guadagna un sacco, paga poche tasse e ha già due case...pirla che non sei altro...." "Se era per te era meglio farle fare la puttana...pardon la escortatrice".
E anche la speranza ha un mancamento e penso che stò paese è quello che è ma qualcuno glielo dovrebbe ricordare. Un tempo (ma parliamo di molto tempo fa) esistevano e camminavano tra noi gli intellettuali (bada bene non ho detto giornalisti, ma intellettuali, e non ho detto accademici, ma intellettuali) e adesso si vive spesso nel loro ricordo. E allora un gruppo di neuroni in fondo alla mia teca cranica ha cominciato ad alzare la mano in maniera scomposta e a fare gesti richiamando la mia attenzione mentre parcheggiavo. "Ehi fratello ti ricordi di Pier Paolo Pasolini?" "Chi? il frocione comunista?" "Si , quello di Petrolio e dei film tristi e della poesia su Valle Giulia, quello che diceva che ai poliziotti bisogna dare fiori...pecchè so figli de povera giente..."
Hanno ragione a ricordarmi di PPP, e rispetto a quaranta anni fa non vedo molte differenze, ma temo che ci saranno altre TAV e aziende e piazze piene senza che nessuno dica chiaro come stanno le cose, se non ci rendiamo conto di essere un unico paese, grande anche nella sua meschinità. Un paese in cui un capo di governo faccia come quel giovane abbronzato che sta alla Casa Bianca (Americani, che fini umoristi!!!), dica che la sua gente, tutta la sua gente, giovani e vecchi e slavati e colorati e ricchi e poveri, tutta, ha abbastanza capacità per farcela ad uscire dalle difficoltà perchè è forte, capace, appassionata e lui, lui è ORGOGLIOSO della sua gente, di tutta la sua gente, di appartenere ad un grande paese unito e forte. Ecco cosa non siamo. Non siamo un paese. Ma panta rei e se anche le montagne cambiano, perchè non lo dovremmo fare noi?
B
E anche la speranza ha un mancamento e penso che stò paese è quello che è ma qualcuno glielo dovrebbe ricordare. Un tempo (ma parliamo di molto tempo fa) esistevano e camminavano tra noi gli intellettuali (bada bene non ho detto giornalisti, ma intellettuali, e non ho detto accademici, ma intellettuali) e adesso si vive spesso nel loro ricordo. E allora un gruppo di neuroni in fondo alla mia teca cranica ha cominciato ad alzare la mano in maniera scomposta e a fare gesti richiamando la mia attenzione mentre parcheggiavo. "Ehi fratello ti ricordi di Pier Paolo Pasolini?" "Chi? il frocione comunista?" "Si , quello di Petrolio e dei film tristi e della poesia su Valle Giulia, quello che diceva che ai poliziotti bisogna dare fiori...pecchè so figli de povera giente..."
Hanno ragione a ricordarmi di PPP, e rispetto a quaranta anni fa non vedo molte differenze, ma temo che ci saranno altre TAV e aziende e piazze piene senza che nessuno dica chiaro come stanno le cose, se non ci rendiamo conto di essere un unico paese, grande anche nella sua meschinità. Un paese in cui un capo di governo faccia come quel giovane abbronzato che sta alla Casa Bianca (Americani, che fini umoristi!!!), dica che la sua gente, tutta la sua gente, giovani e vecchi e slavati e colorati e ricchi e poveri, tutta, ha abbastanza capacità per farcela ad uscire dalle difficoltà perchè è forte, capace, appassionata e lui, lui è ORGOGLIOSO della sua gente, di tutta la sua gente, di appartenere ad un grande paese unito e forte. Ecco cosa non siamo. Non siamo un paese. Ma panta rei e se anche le montagne cambiano, perchè non lo dovremmo fare noi?
B
Monday, July 4, 2011
Assenza giustificata e nuova visione (laser ad eccimeri)
Le righe saranno poche. Non dovrei neanche essere qui. Qui davanti, intendo. A scrivere, intendo. Infatti la vista è ancora un pò annebbiata, ma da quando ho cominciato con questa roba che si chiama blog, e che mi ricorda la fanghiglia di paludi oscure in cui si formano bolle di gas venefico (ma forse è proprio cosi), dicevo, da quando ho cominciato a scivere sti post mi sono ripromesso di farlo appena possibile. In realtà è una bugia. Ho bisogno di scrivere, come chi mi legge ora. Divago. Senilità? No, lacrimazione. Una settimana fa mi sono deciso a darci un taglio, alla miopia intendo e mi sono sottoposto a cinque-dieci minuti di intervento chirurgico nelle capaci mani di un amico munito di laser ad eccimeri (no, niente star wars, anche se mi sarebbe piaciuto...). Adesso ci vedo senza occhiali, ho perso l'aria da professore e ho la faccia da uomo-che-ha-perso-gli-occhiali-e-ha-lo-sguardo dolce-da-miope- leggero-mica-da-ragionier-Filini. Giro con occhiali da sole da buttafuori anche nel tardo pomeriggio, niente piscina o mare per un pò, va bene ma ne vale la pena, basta lenti, basta occhiali, solo un pò di pazienza. Poi in questi giorni mi guardo molto più intorno ed è bellissimo. Nei primi giorni potevo solo andare in giro a piedi, niente bici, figuriamoci auto. Ho scoperto che alcuni palazzi che ho sempre guardato distrattamente per 300 giorni l'anno hanno facciate nascoste e belle, balconi tropicali, messaggi spray profondi ed artistici, ho scoperto alberi da frutto in giardini insospettabili, decorazioni liberty su paletti spartitraffico, nuvole allegre e amiche del neo-vampiro che mascherano il sole. Insomma me ne vado in giro come un cretino appena nato. E come tutti i neonati anche io imparo. Anche cose che non vorrei. E non trovo un sostantivo diverso da "cosa". Tre giorni fa vagavo in questo stato di meraviglia e le mie orecchie da semicieco hanno intercettato una discussione alle mie spalle e e posso giurare sulla testa del mio oculista che ciò che scrivo è vero.
A:"...ma poi, vedi io con i tunisini...io non capisco...sono proprio cosi....io non vorrei mai parlarci, che tanto non si può"
B: "...ma tutti quelli la...tutti sti islamici...proprio da bombardarli...che a casa loro si scannano...no, no, non si può parlare con questi..."
A: "si che sono diversi...poi vedi...io con un ebreo....e bada che un ebreo è propio cattivo...io con un ebreo ci posso anche parlare....non lo voglio intorno ma ci posso parlare...ma con questi...no voglio nemmeno parlarci..."
B"...e intanto che si fa ...è cosi purtroppo...ma hai ragione, con un ebreo ci puoi parlare..."
Ho pensato:"Ecco, mi sono rincoglionito, allucinazioni acustiche...acufeni freudiani..."
No, non erano acufeni, erano voci vere.
Ho pensato : "adesso mi giro e con i miei occhiali da buttafuori e i miei addominali possenti spavento 'sti due naziskin"
Sono passato davanti ad una vetrina e li ho visti riflessi ad un metro, un metro e mezzo da me. Avranno avuto sessanta anni, canuti, nonni probabilmente. Sandali francescani, polo colorate, borselli a tracolla, abbronzati ed in buona salute. Uno occhialuto. Sorridenti. Potrei essere come loro tra qualche anno. Brava gente ad occhio e croce. Mi sono fermato davantio alla vetrina piena di magliette colorate per surfisti (sai, le onde del lago...quando passa il traghetto...e non ti dico le risaie poi...). Ho aspettato che mi sorpassassero e ho cambiato strada.
Ho pensato : " appena posso lo scrivo su pietraluce...forse no...meglio un caffè adesso..."
Adesso mi bruciano gli occhi per colpa vostra. Per colpa loro, ma mica si può stare sempre zitti, o no?
Ciao
B
A:"...ma poi, vedi io con i tunisini...io non capisco...sono proprio cosi....io non vorrei mai parlarci, che tanto non si può"
B: "...ma tutti quelli la...tutti sti islamici...proprio da bombardarli...che a casa loro si scannano...no, no, non si può parlare con questi..."
A: "si che sono diversi...poi vedi...io con un ebreo....e bada che un ebreo è propio cattivo...io con un ebreo ci posso anche parlare....non lo voglio intorno ma ci posso parlare...ma con questi...no voglio nemmeno parlarci..."
B"...e intanto che si fa ...è cosi purtroppo...ma hai ragione, con un ebreo ci puoi parlare..."
Ho pensato:"Ecco, mi sono rincoglionito, allucinazioni acustiche...acufeni freudiani..."
No, non erano acufeni, erano voci vere.
Ho pensato : "adesso mi giro e con i miei occhiali da buttafuori e i miei addominali possenti spavento 'sti due naziskin"
Sono passato davanti ad una vetrina e li ho visti riflessi ad un metro, un metro e mezzo da me. Avranno avuto sessanta anni, canuti, nonni probabilmente. Sandali francescani, polo colorate, borselli a tracolla, abbronzati ed in buona salute. Uno occhialuto. Sorridenti. Potrei essere come loro tra qualche anno. Brava gente ad occhio e croce. Mi sono fermato davantio alla vetrina piena di magliette colorate per surfisti (sai, le onde del lago...quando passa il traghetto...e non ti dico le risaie poi...). Ho aspettato che mi sorpassassero e ho cambiato strada.
Ho pensato : " appena posso lo scrivo su pietraluce...forse no...meglio un caffè adesso..."
Adesso mi bruciano gli occhi per colpa vostra. Per colpa loro, ma mica si può stare sempre zitti, o no?
Ciao
B
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