“C’ho capito poco Dotto’…l’abbiamo trovata sulla statale 228, vicino al lago di Viverona…no Viverone… il laghetto verso Biella…stava camminando al centro della strada …uno per poco non la investiva e c’ha chiamato …non parla…non aveva i documenti…e camminava scalza…capirai co’ sto freddo….”. Il poliziotto robusto dai capelli a spazzola, chiuso nel suo giubbotto scuro avrà venticinque anni, ed ha fretta di andarsene dal piccolo ospedale. Non gli piace quell’odore di disinfettante e di malattia che si respira nell’aria calda dei corridoi dalle tinte pastello. Stringe con la mano destra la visiera del suo berretto d’ordinanza tenuto sotto il braccio sinistro. Aspetta solo che il medico in camice ed occhiaie gli dica di andarsene, ma quello lo guarda assente e non dice nulla. “Dotto’ …noi la lasciamo in custodia vostra e dei carabinieri che arrivano tra un po’, va bene no? Noi eravamo solo di passaggio…non è pericolosa… deve essere solo fatta…” .
Il medico del piccolo pronto soccorso sembra risvegliarsi “Si… si agente ci pensiamo noi…ma ha subito violenza?” “Non mi pare, dotto’…non parla comunque, è tranquilla, le dico può darsi drogata, ma non ha lividi sulla faccia o vestiti strappati…ok che non vuol dire, però non sembra…”
“Va bene, va bene agente, grazie ci pensiamo noi “.
Il poliziotto si rimette il berretto e saluta militarmente “Buona giornata allora”
“Buona giornata”.
Il poliziotto si allontana nel corridoio, si ferma un attimo per voltarsi ma poi riprende la strada per l’uscita.
Il medico sospira e si avvia verso una porticina bianca, bussa ed entra immediatamente. Una giovane in camice, seduta a scrivere su una vecchia scrivania con il piano in formica verde sobbalza. Vorrebbe dire qualcosa, ma riconosce l’invasore e stringe le labbra.
“Elena …in sala due, una drogata…forse stuprata o solo una prostituta… pensaci tu , per favore…chiama anche la psicologa e poi parla con i carabinieri che arrivano tra un po’, dillo pure a Nunzia …io sto crollando e vado a casa…mi raccomando, ciao”. La porta si richiude seguita da un sospiro. Elena è l’ultima ruota del carro, l’ultimo medico assegnato al pronto soccorso invece che alla medicina d’urgenza, la prima linea di difesa e il primo parafulmine di tutti, pazienti, infermieri e colleghi. La ragazza minuta si alza dalla scrivania chiudendo una cartellina arancione, si risistema l’elastico che tiene ferma una coda di capelli castani ed esce dalla stanza trascinando i piedi. Si affaccia ad una stanzetta adiacente dove un borbottio aromatico denuncia la presenza di una caffettiera in azione. Accanto alla caffettiera nascosta un donnone biondo è accovacciato a controllare l’altezza della fiamma di un bruciatore a gas vietatissimo dalla direzione. La divisa bianca da infermiera dai larghi pantaloni è tesa sotto la pressione del grasso delle spalle e delle natiche.
“Ciao Nunzia”
Nunzia si solleva mostrando il suo metro e ottanta di grasso e due fessure scure al posto degli occhi.
“Che c’è?”
“Il dottor House è andato a casa, in sala due c’è una puttana forse…forse una violenza sessuale…non so”
Un sospiro aiuta il caffè a precipitare nella tazzina da bar che Nunzia avvicina subito alle labbra rosse.
“Nunzia come fai a berlo cosi bollente?”
In risposta due spalle larghe si sollevano per una frazione di secondo, mentre il caffè corre verso il suo destino.
“Dai andiamo…aspetta allora che prendo il kit…chiami tu la Lorenzi?”
“Faccio dopo”
Le due donne entrano in sala due, una stanza bianca occupata da un lettino,un armadio a vetri, una piccola scrivania e una finestra con vista su un parcheggio. Una donna con un impermeabile chiaro è seduta su una sedia in metallo nell’angolo accanto alla finestra. Fuori albeggia, i lampioni del parcheggio tremolano e poi si spengono. Le braccia serrate intorno al seno, le gambe chiuse, la testa piegata in avanti e il viso nascosto da una montagna di ricci non dicono nulla di buono.
“Buongiorno signora…io sono la dottoressa Malagodi… devo visitarla…adesso l’infermiera l’aiuta a spogliarsi…” Elena si siede alla scrivania su cui poggia un modulo. Due gambe da lottatore di sumo portano velocemente Nunzia davanti alla donna seduta. Una grossa mano ingentilita da anelli che affondano nelle dita rotonde prende per un braccio la donna riccia per invitarla ad alzarsi.
La donna con l’impermeabile si anima improvvisamente, si scrolla la mano di dosso e scatta indietro verso il muro. Un viso bellissimo mostra due occhi scuri, grandi e arrossati, due occhi allungati da felino, e come un felino ruggisce.
“NON MI TOCCHI!”
Nunzia ed Elena si aspettavano una bella ragazza, una puttana, ma quella era una leonessa bellissima ed intensa, elegante. Se era una puttana era sicuramente costosa. Nell’aria aleggia un afrore stanco con una nota dolciastra di profumo: è l’odore della donna che copre quello di disinfettante della stanza che si riempie della sua presenza.
Nunzia è la prima che si riprende dall’esplosione di bellezza e si avvicina minacciosa “Oh senti! Devi spogliarti ! Muoviti!”
Elena le appare accanto, le mani sollevate con i palmi aperti.
“Calma, calma! Nunzia calma…su signora da brava…”.
La dottoressa si avvicina alla donna che serra le braccia al petto. Una voce diversa da un attimo prima ferma Elena. “Non toccatemi ho detto…sono anche io un medico.”
ciao bart, se non fosse tragica realtà in senso lato si potrebbe fare anche una bella risata per sdrammatizzare il racconto piuttosto bello, sembra uno spaccato di esperienza di vita diretta.
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un salutissimo e dolce settimana a te