Li guardavo, certo di trovarmi in un sogno.
"Magari vi ho sognato... vi sto sognando perchè vi ho descritti...meglio...vi ho creato io! I due si guardarono in silenzio. Le mie
parole li avevano colpiti, mi stavo dichiarando come il loro Creatore e quesi due delinquenti da strapazzo non credevano alle mie parole! Erano chiramente a disagio. Dave si mantenne fermo agganciandosi con le
mani al tavolo mentre Bud aveva messo a dura prova la resistenza dello
schienale della sedia e la sua carne era fuoriuscita tra le listelle di legno.
"Ma visto che ci siamo, parlatemi di voi...ditemi chi siete esattamente, cosa fate per vivere...così per fare due chiacchiere..."
I miei due ospiti si guardarono ancora e Dave fece un segno di
assenso con la testa a Bud che attese alcuni secondi prima di parlare. Raccolse le idee, rialzò la testa e cominciò un
lento rosario con la sua voce profonda mentre si strappava della pelle morta dall'orlo delle unghia cortissime.
"Mi chiamo Bud Hessinger e sono nato per fare del male come diceva
la mia povera mamma, perché ho le mani
enormi ed il cervello piccolo, troppo piccolo per fare qualcosa di buono come
diceva la mamma, eppure tutti mi chiamano Bud il poeta perché un pomeriggio,
qualche anno fa, ero completamente fatto di acido, ho scritto una poesia su un
muro della 49ma di fronte a due poliziotti che hanno riso per una settimana per
il fatto che ballavo mentre scrivevo con lo spray e sbagliavo le parole, ma
quella volta sono stato felice perché ho sentito qualcosa dentro che voleva
uscire e non mi importava delle risate dei poliziotti mentre mi sbattevano sul
cofano dell'auto per ammanettarmi senza riuscirci perchè le manette erano piccole per me e hanno usato delle strisce di plastica poi o di quello che avrebbe detto mia madre,
volevo solo scrivere queste parole:
Ci sono sacchi di dolore caricati su spalle piegate
Ci sono rubinetti di fiele aperti notte e giorno
Ci sono cose che non sò spiegare, ma che uccidono me e te
Non ho più provato una sensazione come quella, non sono più riuscito
a trovare un acido così buono, ma da allora tutti mi chiamano Bud il
poeta. Quella scritta é rimasta su
quel muro per mesi e io andavo a guardarla quando nessuno era in giro, per
capire quello che avevo scritto. Qualche coglione ha detto che l'avevo copiata,
ma non era vero ed avevo scritto fiele perché avevo sentito che era qualcosa di
molto amaro e disgustoso. Poi quella scritta l'hanno cancellata, ma io me
la ricordo ancora ed uno di questi giorni giuro che gliela riscrivo." Finì
di bere e sorrise a tutti e due e mi sembrò di vedere un'ombra di rossore sul
suo viso, ma sarà stato il vino. Era finalmente rilassato, quasi contento e
bevve un altro sorso .
Pensai alle lezioni all'Università sulla capacità di alcune droghe di
espandere la coscienza, di farti viaggiare in altre dimensioni della realtà che
altro non sono che parti della nostra mente abbandonate come i vecchi magazzini
del porto. Vidi per un attimo Bud vestito come uno sciamano indiano intorno ad
un fuoco lontano. Ma Bud Hessinger non
era un nobile atzeco, non era un vecchio
sciamano, non era nulla.
"E tu biondo, chi sei?"
Dave Smear era stato a giocherellare con una penna poggiata sul tavolo, apparentemente disinteressato al racconto di Bud. Cominciò a parlare senza distogliere lo sguardo dalla penna che faceva roteare lentamente.
"Mi chiamo Dave, Dave Jr, mio padre si chiamava Dave, Dave Senior, si chiamava perchè un giorno l'ho ucciso, l'ho buttato di sotto dalla scala antincendio. L'ho portato io li, era ubriaco come sempre, ma stavolta troppo per capire. L'ho portato lì e l'ho appoggiato alla ringhiera. Poi l'ho guardato in faccia, e l'ho spinto di sotto e l'ho visto cadere, l'ho guardato mentre cadeva con la sua faccia stupida e i baffi lunghi da messicano e le mani che tentavano di aggrapparsi all'aria. Non ha gridato, troppo ubriaco. C'ha messo una vita a cadere. poi ho sentito un colpo secco come un bastone che si spezzava sulla schiena. Stavolta è stata la sua schiena a spezzarsi. E' morto con gli occhi aperti."
Dave face una pausa e sollevo il capo a guardarmi negli occhi, quasi a controllare l'effetto delle sue parole.
Mi chiedevo cosa dire, se credere o meno a quella voce leggera che aveva confessato l'omicidio di suo padre. Ma più di tutto mi meravigliava il fatto che stessi pensando tutto ciò. in fondo ero convinto di sognare e allora che imporatnza poteva avere cosa chiedere o come chiedere. All'improvviso sentì la mia voce porre la seguente domanda : "Cosa si prova ad uccidere?"
"Campione mondiale di psicologia applicata" pensai.
"Mah! Non lo so, quella volta provai un senso di liberazione, come se avessi schiacciato un insetto fastidioso, poi sentì un vuoto. Quando uccisi un portoricano qualche giorno dopo con la pistola che avevo comprato da Jimmy Jamaica, ho avuto paura, paura da vomitare, paura di essere preso, ma poi ho visto che nessuno mi ha seguito e che le pallottole
non hanno la tua firma ed il tuo indirizzo sopra e allora sono stato solo attento solo attento a
non farmi beccare dal piombo degli altri perché brucia, brucia molto e cosi ho trovato il modo di fare soldi con il mio amico Bud".
Dave aveva parlato senza distogliere i suoi occhi dai miei.
Non provavo paura, ma improvvisamente sentii sulle spalle una terribile tristezza, un senso di inutile desolazione, come se tutta la mia energia fosse stata risucchiata in un vortice di giorni inutili come cocci di bottiglia sparsi per strada, inutili e pericolosi, buoni solo per la spazzatura. Appoggiai le braccia al tavolo e vi nascosi la testa. mi addormentai, o meglio pensai di addormentarmi. Riaprii gli occhi svegliato dallo sferragliare di un tram. Il mio orologio mi informò che erano le cinque e ventisette minuti. Mi guardai intorno, ma nella penombra non vidi nessuno. Con uno sforzo sovraumano riuscii ad alzarmi dal tavolo per lasciarmi cadere immediatamente sul divano lì accanto. Ero a pezzi, dentro e fuori. Mi riaddormentai con le lacrime agli occhi senza un motivo preciso e mi risvegliai dopo tre ore. Era tempo di tornare a caccia di lavoro.
La giornata scivolò via senza nessun risultato, tornai a casa presto, nel primo pomeriggio, e ricominciai a scrivere il mio racconto senza pranzare. Il frigo era vuoto e gli avanzi erano finiti. Dopo le prime righe li sentii. Alzai lo sguardo e Dave e Bud erano lì davanti, come la notte precedente. Quando li vidi mi guardai rapidamente intorno per cercare qualche indizio del mio stato onirico, ma non ne trovai. Non stavo sognando. Bud e Dave erano in piena luce di fronte a me. Li salutai e riprendemmo a chiacchierare. Passarono ore in cui i due mi raccontarono di tutto, come fantasmi invitati da una medium a raccontare le loro pene. Ogni tanto prendevo discretamente appunti. Continuammo sino a che non mi addormentai ancora.