Non è un mistero per i visitatori di questo blog che io sia un tarantino. Uno nato e cresciuto a Taranto. Uno che l'ha abbandonata anni fa, molti anni fa. Uno che è stato abbandonato da lei anni fa, molti anni fa. Uno che la ama come si può amare una puttana (vedi post omonimo). Pensavo che il mio amore si fosse indebolito, diluito, perso come il mio accento, perso come la mia rabbia carnivora, perso come la luce dei suoi tramonti che esistono solo lì, tra le sue strade animate da un popolo strano e fuoriluogo in questo tempo crudele. Invece, questi giorni tristi dell'ILVA con delinquenti, collusi, corrotti e corruttori, preti sindaci, presidenti e assessori e vendette di mezzeseghe similindustriali, mi hanno fatto capire che io sono ancora un Tarantino, uno che si arrabbia, uno che combatte, uno che risale la china, uno che naviga di bolina stretta. Ascoltando la radio in auto stringevo il volante pensando a tutti i piccoli Tarantini che la storia ha incastrato in una trappola senza apparente via di uscita. "Non mollate, non mollate, non mollate...ribellatevi, non piegatevi, coraggio coraggio..." questo pensavo fermo al semaforo. Un cretino dentro l'unica auto in fila dietro la mia (alle sei del mattino) mi ha suonato appena è scattato il verde. Un cretino frettoloso. Ho staccato il piede dal pedale della frizione, due, tre metri e ho inchiodato tirando il freno a mano. E ho aspettato. Uno stupido terrone direte. Si, è vero. Il cretino ha esitato. Ho contato sino a dieci. Sono ripartito. Lui no. Sono stato uno stupido terrone. Si. In quel momento cercavo qualcuno con cui prendermela. La prossima volta devo pensare che anche l'altro potrebbe essere nella mia stessa condizione. Pazienza, è andata così. La rabbia è una cattiva consigliera. Poi stamattina, nella tarda mattinata, la mia donna mi ha mandato un sms. "Amore è successo qualcosa di brutto a Taranto chiama tua madre".
Torno in studio, sito di Repubblica...tromba d'aria a Taranto...danni...feriti...un disperso...gru divelta e scagliata in mare. Guardo un video, riconosco la zona, l'accento e vedo questa nuvola enorme e nera che ruota come un dito di Dio che voglia schiacciare un pidocchio. Vedo lampi ed esplosioni da film e vedo la tromba d'aria che si sposta urlando. E mi accorgo che sono ferito. Dentro. La porta dello studio è chiusa. Una lacrima si decide a uscire senza che me ne accorga. E' salata sulla labbra. Penso. "E ora che cos'altro potete farci? Siamo gli ultimi in tutte le classifiche, dove potete retrocederci?"
Un altro video del porto, auto accatastate, voci di gente in auto, dialetto, tra le parole sento sciolta la paura e questo mi fa male.
Non vivo li da secoli, ma una parte di me non è mai andata via, mai, e non ci posso fare niente.
Ora Tarantini, ultimi degli ultimi, sopravvissuti di un altro tempo, navigatori di guai, non mollate, non mollate, non mollate, per i vostri figli, per i nostri figli e per noi, per le donne senza denti che ho visto in un docufilm l'altro giorno, per tutti gli sconfitti come noi, non mollate. Fratelli miei neanche i tornadi possono spezzarci, alzate la testa e guardate oltre le ciminiere, oltre tutto. Coraggio fratelli miei non vi arrendete.
B
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