Rat race

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Thursday, February 17, 2011

Libeccio (XII) Fine

La donna sorride indossando lo stesso sorriso di suo figlio e un vestito grigio-verde. I suoi capelli raccolti in una specie di chignon lasciano scoperto un collo da morsi che il commissario osserva ipnotizzato, bevendo fiele secreto da qualche ghiandola del suo animo. Ha fame. Poi dietro la donna con bambino appare un signore attempato, anche egli sorridente.  Il distinto signore si scopre il capo mostrando una testa lucida di solito coperta da una coppola alla moda, in puro stile irlandese, estrae il fazzoletto dal taschino della giacca e con gesto agile si asciuga il leggero sudore dalla pelata. Sorride e saluta anch’egli. Poi dietro di lui arriva una coppia di ragazzi e poi un uomo sui quaranta e una signora sui cinquanta con una pantalone rosso e un ragazzo di colore con una maglia di tre taglie più grande e pantaloni con il cavallo alle ginocchia. E poi altri e altri ancora che scivolano sorridenti e cortesi dentro il deposito e si sparpagliano tra gli scaffali e cominciano a toccare i libri.
Il commissario sente tamburi nel petto e nelle orecchie.
La folla che ha intorno adesso è fatta da cinquanta, cento fra uomini e donne, vecchi, ragazzi, qualche bambino molto piccolo in passeggino o per mano alla madre o al padre, ragazzi con pezzi di metallo attaccati al viso o con occhiali spessi, un paio di uomini incravattati, una ragazza alta con stivali neri e coda castana, una divisa da guardia giurata con dentro uno che ha dimenticato come usare il rasoio, una vecchia con un volpino in braccio. E tutti lo guardano. Marta lo guarda e Silvana e l’avvocato e la vecchina e il volpino e la guardia giurata e i bambini e il ragazzo down. Tutti intorno a lui con la radiotrasmittente nella mano sinistra e la destra che non sente più il peso della pistola invece sente tamburi nel petto e nelle orecchie e gli manca l’aria in quel sotterraneo pieno di gente, un fiume di gente. Tutti in cerchio intorno a lui. Tamburi che battono nel petto e nelle orecchie e nello stomaco. “Commissario…”
La vecchia Marta gli sorride.
“Come vede questi sono tutti terroristi…pericolosi terroristi…”
La pistola è inutile ormai.
La folla sorridente ha circondato gli scaffali e comincia a prendere libri che fa sparire sotto le giacche o nelle sporte della spesa o sotto il cappottino del volpino.
Mani gentilmente rapaci spolpano gli scaffali al momento grati per il sollievo.
Silvana non si regge in piedi e si accascia. Giorgio le cinge  la vita e la risolleva. Hanno terminato le parole e si guardano soltanto mentre altra gente arriva e alcuni cominciano ad andare via con la propria fetta di carta stampata ed idee. Massimo due libri a testa, e molti piangono dovendo separarsi dal terzo o quarto. Braccia si sovrappongono a braccia sempre più in alto, una allegra frenesia pervade anche i muri di cemento. L’intrepido signore calvo, tra i primi ad entrare è anche tra i primi ad uscire. Si avvicina a Giorgio e gli allunga una chiave d’auto. “Marta dice che le serve… è la vecchia Fiat Punto grigia poco distante dalla vostra Alfa…il pieno di benzina è un omaggio alla bellezza della sua signora!” e con un sorriso ed un inchino a Silvana indietreggia e scompare del flusso d’umanità in uscita. L’avvocato stringe la chiave nel pugno, guarda gli occhi socchiusi di Silvana e cerca, sopra quel mare brulicante di teste multicolori, il volto del commissario. I loro occhi si incontrano. Il commissario si guarda intorno, riporta poi lo sguardo negli occhi di Giorgio e annuisce.
Giorgio afferra per la vita Silvana e la trascina via verso la porta, nella corrente che si è creata vorticosa attorno a loro. Silvana biascica qualcosa, ma Giorgio non capisce. “..spetta…un a…”, ma sono già nella prima stanzetta e li la donna con un braccio di medusa riesce ad afferrare quello che Filippo aveva lasciato sul tavolino, un libro, e se lo stringe tra il seno e la gola, come un neonato piangente.  La gente intorno li lascia passare, ed improvvisamente sono fuori, nel parcheggio sotterraneo, mentre altre persone sorridenti arrivano, fari di auto si spengono e l’aria si fa più pesante grazie al contributo dei tubi di scappamento.
L’auto grigia li aspetta linda e con le portiere che mostrano rughe antiche e graffi recenti. Giorgio fa sedere Silvana e si piazza al volante. La voce del motore è amichevole, lo sterzo pesante. “Giorgio dove andiamo” La mano di Silvana cerca quella di Giorgio sul pomello del cambio.
 “In un posto qualsiasi ciccia, in un posto qualsiasi, ti importa?”
“No amore…oggi no”.
Silvana si abbraccia al suo libro e sembra assopirsi.
L’avvocato si aspetta di vedere nello specchietto retrovisore la testa del commissario incassata tra le spalle robuste, si aspetta un suo ripensamento furioso. Invece il commissario Luca Montroni è rimasto dentro.  E’ circondato dalla folla e sembra che veda per la prima volta altri esseri umani. La pistola è tornata a casa. Marta e Filippo gli sono accanto, come se fosse convalescente dopo una lunga malattia ed avesse bisogno di sostegno. Un sussulto improvviso, i muscoli del commissario si tendono e la sua testa si slancia in avanti e colpisce una, due, tre volte lo spigolo dello scaffale di metallo che ha davanti. Il commissario crolla sulle ginocchia, Marta e Filippo gli sono accanto. La vibrazione degli urti ha ghiacciato le quattro-cinque persone immediatamente vicine che ora, con le braccia ancora alzate e i libri nelle mani. guardano quell’uomo in ginocchio. Una goccia di sangue arriva sulla punta del naso del commissario e dopo aver fatto rapida la strada dalla sua fronte esita prima del tuffo verso il pavimento.
Incoraggiata da altro sangue vivo che arriva si decide ed esplode ai piedi dello scaffale.
“Commissario …ma che fa?”
Un sorriso doloroso appare ai lati della striscia di sangue.
“E’ una scusa come un’altra, non pensa Marta?”
“Si…si, una scusa come un’altra”.
Marta si china e bacia sulla guancia il commissario seguita a ruota da Filippo dalla parte opposta.
Fuori la Punto Grigia guadagna l’aria della sera e i riflessi dei lampioni che si accendono. Lo stomaco del centro commerciale vomita ancora altre auto e persone. In ogni auto libri. Nelle buste della spesa libri. Nei carrozzini libri. Uomini, donne e libri che scorrono via come sangue dalle viscere dell’ipermercato e inondano con delicatezza la valle e scivolano nelle strade sino all’autostrada e poi verso levante o verso ponente. Nel fiume che scorre via come acqua sporca, senza che nessuno ci badi, una piccola Fiat Punto grigia, 16 anni di asfalto e prossimo pensionamento, imbocca il casello direzione levante e si scioglie nel traffico silenzioso come una caramella nella bocca della sera. Le nuvole coprono il tramonto con una coperta fredda tirata su dal libeccio che schiaffeggia allegro le onde, le barche ormeggiate, gli scogli, le case gialle e rosse, i tetti e corruga la fronte di molti. Sotto le nuvole e nel libeccio, un  enorme calabrone meccanico ronza furioso e non sa dove colpire. La radio maleducata tace alle richieste isteriche di un poliziotto graduato, mentre i suoi uomini armati sbadigliano appoggiati ai fucili d’assalto.

3 comments:

  1. ciao bartel
    i tuoi racconti son proprio avvincenti
    con il loro realismo e quel pizzico di cinismo intrigante sembra di viverli dall'interno, di essere un personaggio della storia

    era un po' che non passavo
    ho recuperato
    leggendo un po' di post
    ^_^
    complimenti
    un saluto grande e buon week end bartel

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  2. Ciao Bartel! Finalmenteeee!!! Sono proprio soddisfatta, il colpo di scena sul deposito di libri l'ho trovato bellissimo!!! Penso proprio che questo tuo racconto meriterebbe una più ampia trattazione, in particolare la parte sull'eliminazione del libro come supporto cartaceo e sul movimento 1984. Davvero, sarebbe una storia bellissima e si potrebbero approfondire i personaggi principali, a cui forse un racconto breve non rende giustizia! Io ci lavorerei seriamente, fossi in te... comunque sono proprio soddisfatta, sissì! Il botto c'è stato! Potrei dilungarmi tanto, perché è un racconto pieno di spunti, ma non voglio tediarti... a presto comunque!
    Della "la vecia"

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  3. Anche se con molto ritardo ho finito di leggere questo racconto. Bello e sorprendente. Chapeau.

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