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Tuesday, October 26, 2010

Bologna sotto la pioggia (I out of III)


Mi piace svegliarmi con la musica. La musica penetra pian piano nella mia mente, mi strappa lentamente dal sonno e dai sogni. La musica rischiara. Cosi mi alzo di buon umore.  Questo è importante. Me lo diceva sempre anche mia madre “Mattia, un sorriso all’alba e tutto andrà bene, credimi...”. Il buonumore dura però solo qualche minuto e solo perchè le sonate di Mozart per piano sono dei piccoli capolavori. Il vecchio Amadeus le aveva scritte per clavincembalo e poi sono state adattate per piano. Uno lavora tutta una vita e poi il frutto del tuo lavoro finisce  nelle mani di un altro che lo cambia, magari lo snatura. E’ un po' quello che mi è successo con te. Ho lavorato tanto per questa casa, per questa vita, poi è arrivato un altro  e tutto è finito. Eri il mio capolavoro. Ogni mattina la stessa storia. Tra un andante cantabile ed un allegretto della sonata n.10 K330 bevo il caffé e ti penso come se tu fossi qui seduta accanto a me . Lo so che adesso starai bevendo il caffé da un’ altra parte. Cristo non ci si abitua mai al dolore. Almeno c’è il lavoro. Poi oggi la giornata sarà particolarmente lunga, mi tocca arrivare a Bologna. Proprio a Bologna. Pazienza, è lavoro. Mi ricordo che non mi chiedevi mai nulla del mio lavoro. A te bastava che tornassi a casa. Ti piaceva prepararmi tutti i giorni la giacca e la cravatta sulla sedia dell’ingresso. Questo è l’aspetto del mio lavoro che non mi piace. Ogni giorno giacca e cravatta, mai in jeans e scarpe da ginnastica, mai sportivo o con la barba lunga, mai trasandato, sempre impeccabile, rassicurante ed efficiente. E’ la solita questione di immagine, di contatto con il pubblico, la gente.  Il dirigente di zona me lo ha sempre spiegato chiaramente, fasciato nel suo bel doppiopetto grigio, con le sue scarpe inglesi, e senza l’ombra di un contropelo fatto male o di un taglio sulla faccia lucida di cremine antirughe: “La gente deve immediatamente fidarsi di lei Donati, subito, alla prima occhiata. Si ricordi che lei non é più un uomo, ma un simbolo e i simboli sono sempre impeccabili. Gli uomini no, ma i simboli si!”.
“La gente è cogliona, credimi...” mi diceva il mio maestro, il Dottor Mauro Bartoli da Sora, un ciccione dalla faccia buona che mi ha svelato i misteri della professione con la sua ironia amara. Adesso è in pensione, coltiva rose e ha sposato una filippina di 25 anni. In tanti anni non ci siamo mai dati del tu eppure è stato uno dei miei migliori amici. Aveva ragione Bartoli.Va bene, vestiamoci. Meno male che ieri ho fatto il pieno. Porco Giuda, piove pure.
L’auto grigia esce lentamente dal cancello della villetta a due piani affacciata sul lungomare. La villetta è nuova, con due grandi vetrate ai lati della porta di ingresso, ma stranamente il giardino è pieno di grandi alberi, come se a villetta fosse stata costruita li in mezzo o fosse un buon restauro di un vecchia casa al mare, magari in stile liberty come ce ne sono tante da quelle parti. In realtà era una villetta degli anni 50.  Nonostante i lavori fatti si intuisce ancora  l’architettura originaria. Gli infissi sono bianchi come allora e rendono la facciata malinconica. L’auto si allontana rapidamente verso Nord.

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