Rat race

Running

Friday, December 23, 2011

Grazie Ernest e auguri

"Se non sarai il mio biglietto augurale mi impiccherò al tuo albero di Natale" (Ernest Hemingway, 14 febbraio 1956, Finca Vigia, Cuba)

Grazie Ernest  anche per questo biglietto original. Penso a te in questo Natale difficile, perchè devo scegliere un libro da regalare ad una persona speciale, perchè mi salgono ancora le lacrime agli occhi all'ultima pagina del "Il Vecchio e il mare" (quel libro mi ha convinto da ragazzo che leggere è un piccolo paradiso personale) e oggi ci sentiamo un pò tutti smarriti e piccoli, e allo stesso tempo indomiti; perchè volevo visitare le isole nella corrente e perchè con Fiesta ho cominciato a comprendere alcune parti misteriose del mio animo d'uomo (e delle donne too). Poi penso a te perchè hai la faccia da Babbo Natale, ma non la risata. Ecco quella un pò ti è mancata, eppure che meravigliosa scialuppa di salvataggio è la risata. Bene, speriamo di riuscire a ridere sempre, anche di noi, di noi che scarabocchiamo elettronicamente e guardiamo avanti, alla prossima pagina bianca di futuro. Un augurio a tutti i bloggers, a  tutti gli amanti (fedeli) della libertà, e a tutti quelli che sognano i leoni.
Il vostro affezzionatissimo (e latitante) Bartel

Tuesday, October 18, 2011

SE

SE pensate di essere originali, lasciate stare, non siete un granchè.
Se pensate che mettersi in mezzo a gente inerme e perbene, allineati come un manipolo romano o una falange macedone, neri come corvi del malaugurio, faccia di voi eroi senza paura, lasciate stare perchè dall'altra parte non c'era nessuno pronto a farvi a pezzi con una spada o un'ascia.
Se pensate che qualcuno vi seguirà, lasciate stare, al massimo vi inseguiranno.
Se pensate che entrare in una chiesetta e fare a pezzi una madonnina faccia di voi degli eroi laici ed anticlericali, lasciate stare, Napoleone faceva di meglio e con più gusto.
Se pensate che questo sia coraggio, lasciate stare, perchè se non vi impasticcate, di parole vuote o di farmaci non importa, non siete capaci neanche di alzarvi dal letto caldo che vostra madre vi prepara e di infilarvi le vostre scarpette firmate.
Se volete venire a vedere il coraggio vi presento un padre che spinge la carrozzina di suo figlio adolescente e gli pulisce la bava ogni dieci passi e spera di essere immortale per poterlo fare sempre.
Se pensate che non scenderemo più in piazza per qualcosa che riteniamo giusto, lasciate stare, siamo il 99%, il 99% di questo mondo che cerca ogni giorno di costruire qualcosa per domani.
Se pensate di farci paura, lasciate stare, ci siamo solo resi conto che bastonare chi è a mani nude vi piace come piace a tutti i bastardi del mondo. E ai bastardi ci siamo abituati.
Se pensate di essere famosi, lasciate stare, siete buoni sono per scrivere due righe in un blog di quart'ordine.
Lasciate stare e tornetevene a casa.

Friday, September 30, 2011

Sono destro, ma non stupido (e se divento mancino dò ragione a Totò)

Avviso: questo è un post politico-letterario, quindi se non ti interessano le mie opinioni politiche puoi smettere di leggere.
Sul mio pianeta siamo divisi in due partiti: Destri e Mancini e di solito alle elezioni vince chi fa più figli e decide per tutti, ma le percentuali sono sempre vicine al 50% per entrambi i partiti. Allora il nostro attuale presidente (destro) ha deciso di impedire ai mancini di copulare mentre ha aperto le porte dei magazzini di Cialis per i suoi. Grande sconcerto della nostra Religione ufficiale che trova questo immorale, ma non ho capito bene a cosa si riferiscano. I mancini hanno risposto a questa provocazione smettendo di lavorare e di spendere denaro dedicandosi solo alla visione di film horror-sentimentali, gare di ballo, tragedie famigliari, finte liti e veri morti, consumo discreto di cocaina, liberarizzazione del campionato mondiale di pisciata nel Po. Ieri sera guardando il telegiornale unico trasmesso dalle reti destre mi sono reso conto che come destro vivevo in un bel posto, mentre guardando il telegiornale Unico delle reti mancine mi sono reso conto che per i mancini è un letamaio. Sono andato a dormire dopo aver copulato con un paio di ventenni, ma senza grossa emozione, forse l'età, forse l'abitudine. Ho letto alcune pagine di un libro ingiallito e mi sono addormentato. Ho sognato. Nel sogno ero diventato ambidestro e mi innamoravo di una donna intelligente ambidestra come me. Insieme viaggiavamo e mettevamo al mondo figli ambidestri e felici, abitavamo case piene d'amore e organizzavamo cene e grigliate con amici diversi da noi ma uguali. Ad un certo punto incontro un omino buffo dal mento prominente, imbrillantinato e con gli occhi da bambino. Mi saluta affabilmente, mi sorride e mi dice : "Caro il mio lei, continui a sognare ...e poi dicono che uno si butta a sinistra!!!".
Mi sono svegliato madido di sudore e con uno strano sapore in bocca. Mi son guardato le mani. Sono ancora destro, ma mi piacerebbe essere anche mancino, cosi, per vedere com'è. Sono uscito all'alba nella città deserta. Ho incontrato alcuni cani con i padroni  alla fine del guinzaglio. Alcuni destri, altri mancini. I padroni, non i cani, che vivono felici senza pensare a queste stupidaggini.
Mi mancava l'aria. A voi non capita mai? A me spesso ultimamente. Voglio votare. Sono destro, ma mi si sono annodate le dita a furia di contare le volte in cui mi sono detto sommessamente"Ma che cazzo fanno!!!".
Voglio votare, vi prego, fatemi votare, voglio votare per un ambidestro o un ambisinistro, per qualcuno che mi faccia sentire orgoglioso di abitare questo pianeta chiamato ITAGLIA, diviso in 15000 province sulla base del colore dei peli pubici. Fatemi votare per favore...
B. dal pianeta ITAGLIA...passo e chiudo.

PS" extraterrestre portami via..."

Just a perfect day (IV)

L'entrata del cortile interno del Tempio attraversa un muro spesso  33 cubiti, un tunnel buio che improvvisamente cessa aprendosi davanti alla terza colonna del Tempio. E'più alta e larga delle due presenti all'ingresso, rivestita da una lamina d'oro su cui lo stesso Hiram ha inciso una copia di antiche immagini che parlano della creazione del mondo da parte dell'Altissimo e della lotta che ogni figlio della Luce deve combattere ogni giorno contro le tenebre per purificare il proprio spirito e viaggiare nell'immortalità. Tutte le incisioni sono nitidamente leggibili quando il sole è allo zenit, altrimenti si viene abbagliati dal riflesso aureo, come in quel momento accade a Hiram e al Generale che si coprono gli occhi e intravedono soltanto l'ombra scura della colonna d'oro con alle spalle il sole che continua a salire da Oriente. "Maestro Hiram...sino alla fine dei tempi questa colonna racconterà della tua maestria....è meravigliosa!".
Il generale ha viaggiato attraverso tutte le terre tra i mari e ha visto le colonne di fuoco che ardono nei deserti dell'Est, le montagne immense che nascono dal mare a Nord della antica isola di devastata che un tempo si chiamava Atlantide ed era abitata dai costruttori di torri, le montagne di pietre squadrate progettate dagli Dei dalla testa d'animale a Ovest, il deserto senza fine a Sud dove ha accompagnato la Regina di cui si era invaghito il suo Re, ma la colonna d'oro di Hiram parla direttamente al suo cuore. La colonna d'oro sussurra parole il cui suono il vecchio soldato non rivelerà mai a nessuno, se non alla parte più profonda di se: parole di paura, poi d'amore e tenerezza e perdono, parole che chi ha usato il ferro per tagliare il filo della vita di altri uomini sorridendo ha dimenticato. La colonna parla a tutti gli uomini dicono, con una voce leggera, un ronzio sommesso come di api lontane perse in una vigna. Quell'uomo che gli cammina accanto, Hiram, il Maestro saggio, l'uomo i cui occhi sorridono è veramente un preferito dell'Altissimo se ha potuto creare con le sue mani un'oprera che parla al cuore degli uomini!
"No generale, no...tutti ricorderanno che questo è il Tempio che il Saggio Salomone ha voluto e spero che l'Altissimo sia indulgente con i miei errori..."
I due uomini sorridono attraversando il cortile interno verso l'entrata del salone interno, la Sala dell'Alleanza dove un vecchio sacerdote prossimo alla morte mastica odio, perchè non tutti i cuori degli uomini accettano la luce che riverbera dalla colonna d'oro, la colonna che nessuno, neanche il Re Salomone, può, più toccare.

Thursday, September 15, 2011

UNO (e non volevo festeggiare, però...)

Un anno. Trecentosessantacinque giorni. Cinquantaquattro settimane. Più di un post a settimana. Non ci posso credere. Diversi lettori interessati, persone amichevoli, moltissimi blog bellissimi e blogger sorprendenti. Quattro stagioni e 5 manovre economiche. Molto calore umano e non me lo aspettavo. Diversi chili di autostima guadagnati. Cinquemilacentoquarantatre pagine visitate. Decine e decine di commenti. Due racconti lunghissimi da finire (Sette di tutto e Pietraluce), uno breve da finire (Just a perfect day). Ottocentoquaranta visite in un mese come massimo, centosessantanove come minimo. In mezzo voi che leggete sti' numeri e che siete entrati nonostante tutto in una stanza polverosa della mia vita, avete aperto le finestre, avete creato un pò di scompiglio e aumentao l'entropia. Grazie, molto gentili, grazie. Grazie per quello che scrivete e che mi leggo quando posso. Spesso non commento, ma mi bevo certe pagine come se fossero liquori preziosi e aromatici. Oggi festeggio il mio blog e voi. Strano festeggiare con persone di cui non conosci la faccia, ma conosci un pezzetto d'anima. Fuori fa caldo, settembre brilla come un altoforno, ho accostato l'auto della mia giornata per farvi uno squillo bloggers letterari, ma devo andare, ma torno, torno e non è una promessa, ma una vera minaccia.
Bartel

Friday, September 9, 2011

Si muove

E' capitato ieri sera. Guardavo la tivu, mi piace la sua luce bluastra, il resto l'ho già visto. Poi ho acceso la piccola lampada sul comodino, ho spento la tivù e mi sono preparato a leggere. Sto leggendo "Nessuno scrive al colonello" di Marquez, cosi mi addormento pensando alla mia fortuna. Lei era sdraiata accanto a me, le sue lunghe gambe mi sfioravano. Non ho mai visto una pelle cosi bianca e allo stesso tempo viva, pulsante, mia. Mi sorride, poi il sorriso le si rompe e gli occhi si sbarrano. Sorride di più adesso. "Senti, senti!!!". Mi artiglia la mano sinistra con le sue, la soffoca a se e io sento. Il codice morse della vita. "S-O-N-O-Q-U-I". Mia figlia si muove, si è svegliata. Mia figlia nuota, o ci prova, nell'utero-piscina della donna bianchissima che mi stritola la mano. Mi avvicino, mi appoggio come su ali di libellula, respiro appena, ma me ne accorgerò dopo. Adesso anche la mia mano destra è atterrata sulla luna di cinque mesi e passa. "Anche io sono qui piccola" sussurro. Lo so che non può sentirmi come io sento le altre voci del mondo, ma mi illudo che i suoi neuroni vengano accarezzati lo stesso dalle mie vocali e dalle mie consonanti. "Tranquilla, qui fuori ci sono io, non ti preoccupare di nulla, cresci che ti aspetto, sono papà" e credo ad ogni singola sillaba con tutto me stesso. Sono qui, sono presente al mondo e a me come raramente capita, ho il mio posto nell'universo e non esite altro. Le mie mani sensitive raccolgono la risposta. Ricordavo vagamente queste emozioni. La mia prima figlia (ora ha un grado la mia soldatessa) somiglia a me nell'allegria e nell'ironia, tu mia seconda che parte di me sceglierai? Ti sconsiglio il naso. Per il resto fai tu donna che parli con le mie mani. Buonanotte a te e a tutti quelli che nuotano.

Friday, August 5, 2011

Io ho scritto al Presidente della Camera e tu?

 Lo so che a molti non importa ma ho fatto quello che credo sia stato giusto fare. Ho spedito due righe al Presidente della camera per chidergli la riapertura della camera dei Deputati e poi scriverò al Presidente del Senato e al Presidente del Consiglio. Credo che in questo momento siano in molti a farlo.
E' vero che la politica non può adeguarsi ai mercati, ma non può ignorarli, pena la vanificazione di tutti i sacrifici che la nostra gente compie tutti i giorni. Sabato ero in autostrada direzione sud, c'era traffico, ma non come altre volte in questo periodo. Sono tornato a casa  lunedi e lunedi serà c'era il pienone in una città normalmente deserta d'Agosto. Sono piccoli segnali, ma importanti. E basta con le cazzate per favore, ci vuole ottimismo, ma ci vuole anche azione e forte.
Comunque scusate questa parentesi politica amici cari, ma non si può sempre far finta che le cose accadano agli altri.
 Saluti
B

Onorevole Presidente della Camera,
come cittadino italiano Le chiedo un segnale forte in questa particolare situazione economica, la riapertura cioè dei lavori parlamentari per organizzare, d'intesa con Governo e Senato, una difesa efficace del nostro paese contro le speculaziuoni finanziarie. Spero che Lei possa farsi latore  presso gli altri organi dello Stato di questo messaggio che, sono purtroppo sicuro, verrà spesso ripetuto nei prossimi giorni.
Cordiali saluti

Thursday, July 28, 2011

Just a perfect day (III)

Il generale si avvicina con rapide falcate. Hiram gli sorride e accenna un inchino, ma il generale lo afferra per le spalle.
"No, no, Maestro...sono io che mi inchino alla tua arte...è un tempio meraviglioso, stai facendo un lavoro incredibile..."
Le braccia di Hiram si aprono come un compasso e indicano i vari gruppi di uomini che in quel momento lavorano intorno a loro.
"Sono questi uomini che vedi che lo stanno costruendo impastando mattoni con il loro sudore e tagliando pietre con la loro fatica, io li dirigo soltanto, generale"
"Hai ragione Maestro Hiram, anche le mie battaglie le vincono i miei soldati, ma senza di me sarebbero solo un branco di briganti e di straccioni armati"
Una risata raglia nella gola del generale, mentre Hiram scuote la testa divertito e nota il drappello di soldati accanto all'ingresso del Tempio.
"Generale, a cosa debbo l'onore della tua visita?"
La risata dell'uomo d'armi si affievolisce mentre i suoi occhi si puntano in quelli del costruttore e parlano prima che Hiram possa udire la sua voce ora neutra.
"Maestro Hiram...ho accompagnato per ordine del nostro re...che l'Altissimo lo protegga e gli conceda lunga vita e prosperità...ho accompagnato il nostro illuminato Gran Sacerdote e il suo braccio destro, Yosseph il giovane".
Hiram immagina i due sacerdoti all'interno delle fresche mura del  Tempio, mentre osservano il suo lavoro cercando difetti o punti deboli di cui lamentarsi con il Re Salomone. E' già accaduto, accadrà ancora. Il vecchio si accarezzerà la lunga barba bianca vagando per il Tempio mentre il giovane resterà fermo alle sue spalle, in silenzio, con i suoi occhi febbricitanti e le sue guance scavate da desideri insoddisfatti coperte da una barba ancora scura, pronto a correre accanto al  Gran Sacerdote mentre il vecchio indica qualcosa con la punta del suo lungo bastone. Il bastone del Gran sacerdote è di legno di cedro con una impugnatura in oro e tre grosse pietre preziose incastrate al suo interno: una nera come la notte scagliata da uno spirito dell'aria contro un villaggio di pescatori , una trasparente e durissima arrivata dalla terra degli egizi e una rossa come il sangue, dono di alcuni mercanti di terre oltre il mare.
La mente di Hiram ritorna fuori dal Tempio, alla presenzza del soldato che lo osserva. Il costruttore abbozza un sorriso e ascolta la propria voce: "La visita del Gran Sacerdote è sempre una benedizione per il nostro cantiere, generale...accompagnami da lui..."
I due uomini si incamminano verso l'entrata del Tempio delimitata da due alte colonne di bronzo meravigliosamente cesellate, aprendo un varco innaturale tra la folla brulicante degli operai che si fermano al passaggio di Hiram, salutandolo. Hiram risponde ad ogni saluto sorridendo e attirandosi la sottile e divertita invidia del generale che avrebbe desiderato un tale attaccamento e rispetto dai suoi soldati. Hiram accarezza con la mano destra una delle colonne poste all'ingresso del Tempio come per assicurarsi che non si tratti di una illusione e guardando l'entrata buia vede il generale scomparire nel fresca ombra . Hiram si volta un attimo a guardare il cielo e poi si tuffa anch'egli nel buio della prima stanza del Tempio.

Monday, July 25, 2011

Just a perfect day (II)

La stradina curva varie volte prima di sfociare in una strada più larga in cui improvvisamente appare un piccolo gregge. Hiram si addossa ad un muro mentre saluta con un sorriso il pastore, che ricambia il saluto mostrando con orgoglio i suoi ultimi due incisivi. Hiram continua la sua ascesa stra stardine che si riempiono di uomini e donne che abbracciano ceste o si piegano sotto sacchi turgidi, e nonostante la fatica troovano il tempo e il modo di fermarsi per salutare il costruttore del Tempio, con un piccolo inchino o con un sorriso. Hiram ricambia tutti e sente di amare quel luogo in cui i suoi figli e la sua anima sono cresciuti.   Improvvisamente, dietro una curva si apre una spianata di terra battuta rossastra e la città sembra respirare mentre lo sguardo di Hiram risale lungo il recinto esterno del Tempio dal quale pendono ciuffi di pulegge e corde. Hiram sale lungo l'ampia scalinata superando i suoi operai curvi sotto travi di legno di cedro o sacchi enormi. Ogni uomo avverte attraverso la nebbia della fatica lo sguardo benevolo di Hiram, si volta e saluta. Hiram è entrato nel cantiere del Tempio, Hiram è al lavoro con i suoi operai. Al termine della scalinata, come ogni mattina, lo aspetta Ephraim, il portatore d'acqua. Ephraim è un ragazzino di 12 anni, magro e con occhi luminosi sotto ricci scuri, è figlio di una vedova che  Hiram e sua  moglie incontrarono  per strada un paio di anni prima. La donna si inginocchiò davanti ad Hiram e prese a baciargli le mani chiedendo un aiuto per se e per il figlio. Hiram la risollevò e si accorse di quel bambino magrissimo e dagli occhi tristi alle spalle della donna. Cosi Ephraim divenne un portatore d'acqua del cantiere del Tempio. Con il suo otre aspettava ogni mattina Hiram per fargli assaggiare l'acqua che aveva prelevato da un pozzo della città e che serviva a  dissettare gli operai durante il loro lavoro. Anche questa mattina, puntuale, Ephraim è li, ad aspettare il Maestro Hiram con il suo sorriso e con un livido violaceo sulla guancia sinistra.
"Buona giornata Maestro Hiram!"
Il sorriso del ragazzo precede una tazza di legno d'ulivo colma d'acqua.
"Buona giornata a te, Ephraim!"
Hiram beve l'acqua fresca  socchiudendo gli occhi .
"Questa va bene, puoi darla agli operai...cos'hai fatto li sulla guancia?"
Il ragazzo riprende la tazza e abbassa lo sguardo.
"Niente Maestro Hiram, sono caduto"
Hiram guarda per un attimo i ricci scuri del ragazzo, poi avverte degli sguardi rivolti verso di lui e guarda istintivamente verso sinistra, in tempo per vedere due operai che rapidamente riprendono a lavorare distogliendo lo sguardo da lui e dal portatore d'acqua.
"Capisco Ephraim...vedrai che da domani non cadrai più..."
Il ragazzo solleva lo sguardo impaurito e scruta il viso intenso del Maestro.
"Alla fine del lavoro vai da Boaz..."
Gli occhi del ragazzo si riempiono di lacrime. Andare da Boaz alla fine del lavoro significava essere pagati per il lavoro svolto e poi essere cacciati  dal cantiere del Tempio.
La mano forte di Hiram si poggia sulla spalla di Ephraim e la stringe dolcemente.
Il sorriso di Hiram lascia spazio alla sua voce calma.
"Da domani sarai un apprendista agli ordini diretti di Boaz che ti affiderà ad un bravo maestro muratore che ti istruirà al lavoro...non mi deludere Ephraim!"
"No maestro Hiram, mai..."
Il ragazzo prende la mano di Hiram dalla sua spalla e comincia a baciarla.
Hiram è divertito dal calore di quel piccolo uomo.
"Smettila ora ragazzo e va a lavorare"
La mano di Hiram sfugge alle labbra del ragazzo e colpisce con affetto i suoi riccioli, mentre gli occhi del delMaestro cercano i due operai che lo scrutavano prima. Li trovano e sembra che i due lavorino per venti in quel momento.
Ephraim è ancora li confuso, ma qualcosa lo risveglia.
"Maestro Hiram...il generale Giosafat ha scortato nel Tempio due sacerdoti poco fa".
Hiram guarda in direzione della porta del tempio e vede apparire un uomo possente coinindosso un' armatura.
Il cranio dell'uomo è lucido. Il generale Giosafat solleva un braccio in segno di saluto, lo stesso braccio che ha usato innumerevoli volte in battaglia per ordinare l'attacco. Hiram sente una nube oscurargli il cuore, anche se conosce bene quell'uomo feroce, ma giusto.

Friday, July 15, 2011

Just a perfect day

Qualche velo della notte appena finita si nasconde ancora tra i rami dell'ulivo, come d'abitudine negli ultimi cento e più anni. Facile nascondersi tra quei rami storti  coperti di piccole gemme. In basso,  tra le radici spesse che guardano ad oriente c'è la casa di una pietra  larga e piatta, un sedile su cui siede Hiram, il costruttore. La pietra è stata scelta con cura dall'uomo anni prima, ne troppo grande ne troppo piccola, non troppo irregolare e non troppo regolare,  chiara ma non troppo,. Ora la sua superficie è stata levigata dal corpo del costruttore che ogni mattina, prima dell'alba,  si siede sullo scomodo sedile e, guardando ad oriente attende con fiducia che il sole sorga, e nell'attesa pensa. Anche stamattina sua moglie, Myrhiam, lo ritroverà nel giardino della loro casa a Gerusalemme, seduto con la schiena dritta a guardare il sole che sorge con gli occhi socchiusi e il dorso delle mani posato sulle ginocchia. Come tutte le mattine gli arriverà accanto con una brocca di acqua fresca e riceverà il suo solito sorriso, lo stesso sorriso che lei, da bambina,  aveva visto sul viso abbronzato di un giovane uomo di Tiro. quello che poco dopo sarebbe diventato suo marito. La barba che circonda quel sorriso ora è meno scura, e ai lati dei suoi occhi del colore della corteccia dell'ulivo, ci sono piccoli tagli causati dalle unghia del tempo. Myrhiam, l'egiziana, ama quei graffi, quella barba brizzolata, quegli occhi, quelle mani, ama quell'uomo che costruisce il Tempio, il suo uomo, il padre dei suoi figli.  L'uomo avverte la presenza della donna e dischiude gli occhi sorridendo. Il suo volto è rilassato come dopo un lungo sonno, la luce nei suoi occhi è oscurata solo dal sole che sorge.
"Buongiorno, regalo di Dio"
"Buongiorno Hiram"
La donna gli porge la brocca da cui l'uomo beve bagnadosi la barba riccia. Una leggera folata di vento da oriente sussurra tra i rami dell'albero e scivola sui volti di marito e moglie. Hiram si solleva, abbraccia la donna sottile, affonda il viso nei suoi capelli ancora corvini e respira il loro profumo, mentre la piccola donna scompare tra le sue braccia. Poi la bacia sulla fronte e per un attimo affonda nei suoi occhi antichi. 
"Andiamo in casa"
I due attraversano il giardino fresco di rugiada e d'ombra e pieno di alberi da frutto e palme, entrano in casa dove un giovane miscuglio del loro sangue li aspetta in piedi.
"Buongiorno padre"
"Buongiorno Boaz"
Il giovane ha la struttura fisica del padre, braccia possenti e sorriso allegro, lavora anche lui alla costruzione del Tempio e ne è  profondamente orgoglioso.
"Padre cosa devo dire agli operai oggi? Abbiamo quasi finito la parte d'occidente..."
"Ho visto il lavoro Boaz...ottimo, ma vorrei che rivedessimo insieme il calcolo..., la parte del muro a sinistra mi sembra poco armoniosa, non sembra anche a te?"
"Si padre...è strano...è come se fosse stata sbagliata apposta...ma possiamo rivedere i calcoli con Jachin"
"Si precedimi al cantiere...io divento vecchio e tu hai le gambe agili di una capra..."
"Padre tu non  sarai mai vecchio..."
"E tu sarai sempre un bugiardo!"
Gli occhi neri di  Myrhiam si riempiono dei due uomini che si sorridono e un calore intenso sale dal suo ventre e si apre nel suo petto, allargandolo. Myrhiam respira la felicità.
"Mia signora , Jachin dov'è?"
La piccola donna ancora abbracciata alla brocca dell'acqua riemerge dalla sua beatitudine.
"Dorme Hiram, è tornato a notte fonda, stanotte è rimasto ad osservare le stelle, ti ricordi?"
"Si è vero...gli avevo affidato dei calcoli importanti per questi giorni...va bene...tu, Boaz precedimi...arrivo subito...devo finire la purificazione"
"Bene padre a dopo...."
I passi del giovane risuonano nella casa ancora silenziosa. Jachin li ascolta allontanarsi. Non dorme. Non può. Le stelle chiare stanotte gli hanno parlato e lui non vuole credere a ciò che hanno detto. Le stelle non gli hanno mentito mai, da quando ha imparato a osservale grazie ad un maestro delle Terre tra i Fiumi, perchè dovrebbero farlo ora? Si alza dal suo giaciglio e va dal padre. Hiram si stà lavando poco fuori dalla casa con l'aiuto di Myrhiam. Non si aspettano di vedere la figura sottile e nervosa  del giovane accanto a loro. I suoi occhi stanchi sono pieni di una nebbia che entrambi conoscono e che si chiama paura.
"Jachin! Pensavo dormissi...che hai?"
"Padre...madre...io...io...".
Hiram e Myrhiam guardano il giovane e si scambiano una occhiata interrogativa, Loro figlio Jachin è uno studioso, un saggio, ha ereditato la bellezza della madre e la sua intelligenza acuta, e una volontà che nessun sacrificio è riuscito a indebolire. Ora, li di fronte a suo padre e sua madre, sembra un bimbo spaventato e solo,
 "Parla Jachin...cosa succede? Problemi con i calcoli?"
"No, padre"
"Allora?"
Lo sguardo del giovane oscilla tra la madre e il padre, in cerca della forza per inspirare aria e parlare.
"Padre...le stelle...stanotte mi hanno parlato ...non devi andare al Tempio oggi...ti prego...."
"Jachin...io sono l'architetto...devo essre al cantiere oggi!"
"No padre...tu non capisci...ti prego madre convincilo...tu non devi andare al Tempio oggi...il Male vuole il Tempio e...e farà di tutto...di tutto per averlo...oggi".
Il volto di Myrhiam, divenuto di cera scura, si rivolge a Hiram che si asciuga il petto villoso chiando il capo per non mostrare i proprio pensieri.
"Mia Signora...figlio mio..."
L'uomo che si rinfila la tunica pulita stringendola alla vita con una cintura larga è Hiram Abif, il costruttore del Tempio di Gerusalemme. La sua voce è la voce dell'arte e della saggezza, della volontà e del lavoro.
"Da molto tempo ciò che è oscuro prova a circondare ciò che è luminoso, da molto tempo le pietre vengono sparse e sbriciolate invece di essere assemblate per formare muri e case e templi"
"Padre, ti prego ascoltami..."
"Jachin..." Hiram poggia la sua mano sinistra sulla guancia del figlio.
"Myrhiam..." la mano destra dell'uomo accarezza la guancia della sua sposa.
 "L'Altissimo ha disegnato le stelle e ordinato il loro cammino per uno scopo, noi costruiamo da molteplici anni il suo Tempio.  Io sono il suo architetto e con voi costruisco una casa per la Luce. Non abbiate paura."
Il solito sorriso allegro di Hiram abbraccia il giovane e la donna,  seguito dalle sue braccia, poi Hiram si volta e sale verso la stradina che  porta al Tempio scomparendo negli occhi di Jachin e Myrhiam che si cercano e si abbraccaino, metre le lacrime della loro anima diventano visibili.

Wednesday, July 6, 2011

TAV, TAX, SPES, UNI, PPP, OBAMA

Non sono impazzito, ancora, ma le parole del titolo sono un appunto preso mentre mi guardavo intorno arrivando in Ospedale e ascoltando la radio, uno schizzo di realtà, una impressione per non dimenticare (e chi ci riesce?). Qui vicino si sono menati black blok e poliziotti (mi sembra che i secondi ne abbiano prese di più), per un'opera che a seconda del vento è essenziale o non serve a niente e intanto sta li in mezzo (testimonio che il tratto milano torino della TAV non serve a un beneamato). Costruire costa, e soldi in giro pochi. Allora tasse mascherate mentre penso di acquistare una bella auto a uranio impoverito che la benzina e il gasolio fanno male a me e al mio portamonete e io non sono povero. A proposito, meglio tassare chi ha di meno e non viene a prendere l'aperitivo con me, altrimenti le tartine pro-adipe me le mangio da solo. Ma dato che di carettere siamo allegri, penso che c'è sempre una speranza. Anche qui. Poi partecipo a riunioni e ascolto discorsi e vedo budget e guardo giovani lavorare bene e con amore per poco (meglio, se li paghi di più smettono di lavorare!!! Ci vuole pungolo ci vuole nelle università) e mi immagino i discorsi dei loro genitori di sera :"era meglio farle fare la parrucchiera! Te l'ho detto ma tu volevi il pezzo di carta...guarda il figlio della Marchetti che ha aperto la carrozzeria...guadagna un sacco, paga poche tasse e ha già due case...pirla che non sei altro...." "Se era per te era meglio farle fare la puttana...pardon la escortatrice".
E anche la speranza ha un mancamento e penso che stò paese è quello che è ma qualcuno glielo dovrebbe ricordare. Un tempo (ma parliamo di molto tempo fa) esistevano e camminavano tra noi gli intellettuali (bada bene non ho detto giornalisti, ma intellettuali, e non ho detto accademici, ma intellettuali) e adesso si vive spesso nel loro ricordo. E allora un gruppo di neuroni in fondo alla mia teca cranica ha cominciato ad alzare la mano in maniera scomposta e a fare gesti richiamando la mia attenzione mentre parcheggiavo. "Ehi fratello ti ricordi di Pier Paolo Pasolini?" "Chi? il frocione comunista?" "Si , quello di Petrolio e dei film tristi e della poesia su Valle Giulia, quello che diceva che ai poliziotti bisogna dare fiori...pecchè so figli de povera giente..."
Hanno ragione a ricordarmi di PPP,  e rispetto a quaranta anni fa non vedo molte differenze, ma temo che ci saranno altre TAV e aziende e piazze piene senza che nessuno dica chiaro come stanno le cose, se non ci rendiamo conto di essere un unico paese, grande anche nella sua meschinità. Un paese in cui un capo di governo faccia come quel giovane abbronzato che sta alla Casa Bianca (Americani, che fini umoristi!!!),  dica che la sua gente, tutta la sua gente, giovani e vecchi e slavati e colorati e ricchi e poveri, tutta, ha abbastanza capacità per farcela ad uscire dalle difficoltà perchè è forte, capace, appassionata e lui, lui è ORGOGLIOSO della sua gente, di tutta la sua gente, di appartenere ad un grande paese unito e forte. Ecco cosa non siamo. Non siamo un paese. Ma panta rei e se anche le montagne cambiano, perchè non lo dovremmo fare noi?
B

Monday, July 4, 2011

Assenza giustificata e nuova visione (laser ad eccimeri)

Le righe saranno poche. Non dovrei neanche essere qui. Qui davanti, intendo. A scrivere, intendo. Infatti la vista è ancora un pò annebbiata, ma da quando ho cominciato con questa roba che si chiama blog, e che mi ricorda la fanghiglia di paludi oscure in cui si formano bolle di gas venefico (ma forse è proprio cosi), dicevo, da quando ho cominciato a scivere sti post mi sono ripromesso di farlo appena possibile. In realtà è una bugia. Ho bisogno di scrivere, come chi mi legge ora. Divago. Senilità? No, lacrimazione. Una settimana fa mi sono deciso a darci un taglio, alla miopia intendo e mi sono sottoposto a cinque-dieci minuti di intervento chirurgico nelle capaci mani di un amico munito di laser ad eccimeri (no, niente star wars, anche se mi sarebbe piaciuto...). Adesso ci vedo senza occhiali, ho perso l'aria da professore e ho la faccia da uomo-che-ha-perso-gli-occhiali-e-ha-lo-sguardo dolce-da-miope- leggero-mica-da-ragionier-Filini. Giro con occhiali da sole da buttafuori anche nel tardo pomeriggio, niente piscina o mare per un pò, va bene ma ne vale la pena, basta lenti, basta occhiali, solo un pò di pazienza. Poi in questi giorni mi guardo molto più intorno ed è bellissimo. Nei primi giorni potevo solo andare in giro a piedi, niente bici, figuriamoci auto. Ho scoperto che alcuni palazzi che ho sempre guardato distrattamente per 300 giorni l'anno hanno facciate nascoste e belle, balconi tropicali, messaggi spray profondi ed artistici, ho scoperto alberi da frutto in giardini insospettabili, decorazioni liberty su paletti spartitraffico, nuvole allegre e amiche del neo-vampiro che mascherano il sole. Insomma me ne  vado in giro come un cretino appena nato. E come tutti i neonati anche io imparo. Anche cose che non vorrei. E non trovo un sostantivo diverso da "cosa". Tre giorni fa vagavo in  questo stato di meraviglia e le mie orecchie da semicieco hanno intercettato una discussione alle mie spalle e e posso giurare sulla testa del mio oculista che ciò che scrivo è vero.
A:"...ma poi, vedi io con i tunisini...io non capisco...sono proprio cosi....io non vorrei mai parlarci, che tanto non si può"
B: "...ma tutti quelli la...tutti sti islamici...proprio da bombardarli...che a casa loro si scannano...no, no, non si può parlare con questi..."
A: "si che sono diversi...poi vedi...io con un ebreo....e bada che un ebreo è propio cattivo...io con un ebreo ci posso anche parlare....non lo voglio intorno ma ci posso parlare...ma con questi...no voglio nemmeno parlarci..."
B"...e intanto che si fa ...è cosi purtroppo...ma hai ragione, con un ebreo ci puoi parlare..."
Ho pensato:"Ecco, mi sono rincoglionito, allucinazioni acustiche...acufeni freudiani..."
No, non erano acufeni, erano voci vere.
Ho pensato : "adesso mi giro e con i miei occhiali da buttafuori e i miei addominali possenti spavento 'sti due naziskin"
Sono passato davanti ad una vetrina e li ho visti riflessi ad un metro, un metro e mezzo da me. Avranno avuto sessanta anni, canuti, nonni probabilmente. Sandali francescani, polo colorate, borselli a tracolla, abbronzati ed in buona salute. Uno occhialuto. Sorridenti. Potrei essere come loro tra qualche anno. Brava gente ad occhio e croce. Mi sono fermato davantio alla vetrina piena di magliette colorate per surfisti (sai, le onde del lago...quando passa il traghetto...e non ti dico le risaie poi...). Ho aspettato che mi sorpassassero e ho cambiato strada.
Ho pensato : " appena posso lo scrivo su pietraluce...forse no...meglio un caffè adesso..."
Adesso mi bruciano gli occhi per colpa vostra. Per colpa loro, ma mica si può stare sempre zitti, o no?
Ciao
B

Thursday, June 16, 2011

Realtà letteraria realmente rara (rotacismo alle ore 6.58)

Prima voce maschile, età 25-30, accento non identificato "Ciao a tutti sono le 6.58 e abbiamo in linea Vittorio...ciao Vittorio, allora libera la tua scimmia...dicci tutto...coraggio..."
Seconda voce maschile, timbro più basso, età 30-35, accento area lombarda "Vai Vittorio ...liberati e raccontaci , da dove chiami?"
Terza voce maschile (nasale), età 25-30, forte accento Nord-Est, area Treviso " Eh, son qui che chiamo dal ........ e sono laurato in ...." (telefonata disturbat, probabilmente cellulare in movimento)
Seconda voce " In giurisprudenza? Sei un avvocatone allora..."
Prima voce  "Un avvocato!!! Ma con quanto ti sei laureato?"
Terza voce "Con 97"
Prima e seconda voce sovrapposte "Dai su ...97 ...Onorevole...si....ok ...va bene...onorevole...ma dai...racconta allora...si..e ora che fai?"
Terza voce " Vesto i morti"
Prima voce, esitante "Vesti i morti.... cioè..."
Terza voce " Eh,  li vesto ...li lavo e poi li vesto...per il funerale"
Seconda voce "Insomma fai il becchino e quindi prepari le persone per le esequie"
Terza voce "No io lavoro in Ospedale..."
Prima voce " ...e come mai hai scelto di fare questo mestiere?"
Terza voce "Eh, mi sono laureato...non trovavo lavoro...poi mi son trovato con una famiglia...ho visto questo concorso in Ospedale...l'ho fatto e l'ho vinto e ora vesto i morti..."
Seconda voce "E quanto guadagni con questo lavoro?"
Terza voce "1400"
TErza voce "Non male, direi va bene no?"
Prima voce "Si, onorevole...senti Vittorio allora ci fai sentire la tua scimmia...che speriamo sia viva!"
Terza voce "Eh, si certo..è viva..."
Seconda voce "Allora dai Vittorio, facci sentire...libera la scimmia!!!"
Strani rumori animaleschi, risate "Uh uh uhUHHH uhh..."
Seconda voce "Va bene, ciao Vittorio e ora le notizie..."

Trasmissione di Radio DEEJAY ascoltata stamattina in auto alle ore 6.57. La trascrizione è lo scarno resoconto della trasmissione, non è stata arricchita in nessun modo, anzi probabilmente la mia memoria non ha trattenuto qualche particolare (non sono sicuro del nome Vittorio).
Buona giornata.
B

PS Ciao Renatino

Monday, June 13, 2011

Sette di tutto (V)

Decisamente Julian ama più gli animali degli uomini, ma si lucida ogni giorno gli stivali  e cerca di essere sempre bello per le donne.
Il bambino si risveglia per il dolore “Piano Julian, piano…”. Fuori nel corridoio voci concitate; una donna urla qualcosa in dialetto, l’urlo sale d’intensita, diventa un latrato di paura e dolore, qualcuno corre, la porta si spalanca ed appare lei. Il dottore se ne accorge dallo spostamento d’aria

“Dotto’,  dotto’ u piccinn dotto’ u il bambino... che s’è fatto?! E’ morto è morto?”
Delle ombre scure sono entrate nella stanza, l’allagano: donne, cinque, sei, brune di capelli e abiti e occhi e tra quel colore scuro e veloce, tra quella massa calda una, due macchie chiare, troppo chiare, due occhi azzurri.. Dietro suor Ginetta con le ali in movimento ha cercato di arginare l’onda nera, ma non ce l’ha fatta, impossibile fermare delle madri, forse con i fucili, ma la suora è disarmata, e Julian ride di tutti quegli ormoni in movimento.
"Sentite signorina, il bambino ha una costola rotta e qualche taglio. Bisogna ricoverarlo qualche giorno cosi almeno mangia. Voi siete la  sorella? Bisogna avvisare la mamma!"
"Sono io la mamma dottore" gli occhi azzuri della donna spiano negli occhi educati del medico un'ombra di contenuta incredulità. Vent’anni, forse ventidue. Un corpo snello, leggero e due occhi da bambina cosi chiari. I seni sono appena accennati sotto il vestito che doveva essere blu un tempo. Deve avere l’abitudine di mangiarsi le unghia. La fede non c’è , l’avrà data alla patria o a qualche strozzino. I capelli castani sono tenuti da forcine, ma una ciocca è sfuggita nella corsa che ha fatto dalla fila per il pane dove l’amico di Lino era arrivato senza fiato e terrorizzato. Il bambino si era inginocchiato davanti alla madre dell’amico e piangendo ha vomitato parole morsicate su americani e morti,  un uomo nero e frutta. Il terrore aveva scosso la fila del pane, stanca e rassegnata un attimo prima, poi l’adrenalina si era trasformata in urla e un branco di donne, sorelle di utero e parti e aborti e figli mai tornati, si era messa a caccia di un corpo, di una vittima e di un carnefice, tirando per un braccio il bambino che aveva dato l’allarme e trascinandolo via per le strade polverose.
Il branco aveva raggiunto il camion e a gesti e spintoni era stato spinto verso il vecchio ospedale poco distante. La piccola folla era arrivata nella piazzetta adiacente l’ospedale ed un drappello staccatosi dal corpo centrale era volato rumorosamente su per le scale come uno stormo di corvi ubriachi. Ora le donne un po’ placate vengono spintonate furori da Suor Ginetta e da Julian che ne approfitta per palpare un po’ di carne soda e sudata.
Il medico guarda la nuca della madre, una mano riporta la ciocca di capelli  dietro l’orecchio ma le ricade sul naso al minimo movimento. Cerca di soffiarla via stizzita. Il medico si immagina il volto da ragazzina che chiama le carezze. La madre guarda gli occhi socchiusi del bambino, gli prende la testa tra le mani e lo bacia  sul viso una, dieci volte come se volesse mangiarlo gemendo. poi si ferma, lo guarda e le sue spalle cominciano a tremare spinte da una rabbia violenta che ha bisogno di sfogarsi. La mano destra si alza di scatto e resta per una frazione di secondo sospesa alta sulla testa.  Vorrebbe colpire abbattersi su quel dannato bambino, giù feroce ma un’altra mano afferra il polso minuscolo ed il pollice. Il corpo ha già cominciato la sua curva ma frena e compie un mezzo giro
Il suo volto è contro quello del medico, le palpebre si abbassano mentre il fiato caldo dell’uomo accarezza il viso. Occhi scuri negli occhi azzurri. “Calma, basta adesso… è tutto finito signora… calma”. La voce dell’uomo è tranquilla, bassa, senza scosse. I due sembrano ballare, quasi avvinghiati in una lotta. Suor Ginetta si avvicina, abbraccia le spalle della donna che si lascia portare via, assente a questo mondo, caduta nella stanchezza di chi pensava di morire ed invece si ritrova vivo e ha bisogno di tempo per rendersene conto. E’ passato. E’ tutto passato. Negli occhi stanchi dell’uomo con il camice le due donne spariscono fuori dalla porta che si chiude, mentre una leggera corrente d’aria gli accarezza il viso e lo riempie di una strana nostalgia senza motivo.
Julian non c’è più nella stanza. Tutto normale. Aureliano Ayala continua da solo il suo lavoro, lentamente e con precisione mentre il bambino si lamenta piano.
Dopo qualche minuto la porta si riapre piano e Julian sempre sorridente riappare.
“Certo che voi Italiani mi paiacete molto, cioè mi piacciono le ITALIANE…ah, ah.. ma siete tuttiun popolo divertente …si…divertente e sorprendente…yes, yes, yes…visto che confusione? Bellissimo, che colori e che cosce!!!”
Il dott. Ayala sorride, Julian è cosi, esagerato ma un pezzo di pane.
“Sai Aureliano ho fumato una sigaretta con il negro che ha portato il bambino. Lo sai chi è? E’August J. Lee “.
“Accidenti ...August J. Lee! E chi cazzo è August J. Lee?”
“Dottore dottore come sei volgare; Il negro è famoso nella US Army. Canta, è una specie di cantante lirico, un soprano.”
“Allora è un pederasta”
“Come?”
“Dico... se è un soprano gli hanno amputato i testicoli, lo hanno castrato, è un eunuco.
“Ah... no... volevo dire ...come si dice...tenore”
“Cosi va meglio...un tenore negro...non ce ne sono tanti.  Ma se non parla italiano come fa a cantare?”
Un po' di italiano lo sa.  Lo ha imparato a New York,  per il resto impara a memoria ma credo che sbagli tutti gli accenti e le doppie che avete nella vostra lingua, ma è cosi contento che lo hanno mandato qui in Italia invece che a Honolulu cosi può imparare l’italiano. Mi ha chiesto se gli do lezioni di italiano in cambio di sigarette e tutto quello che voglio. Lui sta ai rifornimenti...”
“Ottimo affare basta che non sparisci dall’ospedale”
“No, no, tranquillo fidati..senti, a proposito perché non lo presenti al tuo amico, quello che suonava nell’orchestra...magari  lo  aiuta!”
“No, non adesso, non sta molto bene...”

Friday, June 10, 2011

Still alive (love and war)

Stavo per scrivere un post infarcito di pensieri profondi iniziando con una giustificazione per aver smesso momentaneamente di scrivere, seguita da una previsione ottimistica verso il fine settimana che sarà variabile come capita spesso ultimamente mascherata da esortazione ad andare a votare per i referendum, con una chiusura sulla bellezza della vita. Poi invece ho appoggiato le dita sulla tastiera e ho sentito la necessità di ringraziare qualcuno per ciò che stavo facendo, per la possibilità di poter scrivere liberamente i miei pensieri e di avere persone che li leggono e li condividono o li rigettano, ma sono comunque in contatto in quel momemto con me. Sembra niente, ma è una fortuna, una incredibile fortuna essere liberi. Direte  voi "ma che liberi ...siamo controllati, manovrati, ascoltati, mercificati, convinti, ignorati, stritolati...". Forse avete ragione, ma ciò che pensiamo, ciò che amiamo, non ci può essere sottratto tanto facilmente e fuori dalla finestra il sole della pianura padana tira calci alle nuvole e dà una occhiata giù. Quindi cosa costa qui ed in questo momento essere felici di essere liberi, di poter scegliere? Lo fanno anche le statue del mio minicinema che smettono di fare la guerra e vivono qui e ora (cklick it). Buon fine settimana.
Bartel
PS Penny ci sono e prometto che tornerò presto a scrivere
PS ho fatto il militare in Marina...

Tuesday, May 31, 2011

Te pensa...

Si, inutile nasconderlo, tanto viene tutto a galla. Sentimenti compresi. Inutile fare finta di niente, ignorare sia l'irritazione che l'ottimismo. Irritazione per le bambinate indegne, ottimismo perchè a volte questi posti ti sorprendono. E' un mese che non posto, troppo da fare, troppo da rincorrere, troppo da parare e se vivi a bassa frequenza trasmetti poco, e ciò che è più grave ricevi poco dall'universo mondo, poco di tutto. Poi ieri pomeriggio qualche parte di Italia ha presentato sorprese ampiamente annunciate e ti sorprendi a pensare: "Però, eh...te pensa...". Poi a casa tua succede di tutto, succede che una parte politica (no, una parte sociale) data per sconfitta al primo turno (ricorderò per sempre il sindaco in pectore quindici giorni fa dire, con la sua faccia da Mr.Bean- non insulto, è proprio uguale!-, "sono sereno, ci sono 15 punti di distacco...") vince e vince bene. Epopure la città in cui vivo, rispetto ad altre è ben governata anche se ultimamente nell'aria si comincia a sentire l'insofferenza per certi atteggiamenti grossolani, per certa arroganza, un pò di riflesso nazionale, un pò troppi cretini in giro che offrono penne e caramelle e colazioni e aperitivi e cominci a sentirti un pò popolo bue, un pò cavallo comandato dai porci (Orwell) e pensi "e se gli dessi una scossettina, leggera, cosi per vedere?". Invece è un elettroshock! Ops, sorry, I didn't mean it...avete imparato? Nulla dura per sempre, né la vigliaccheria né l'arroganza, né il menefreghismo, né certe facce laide da ladri o profittatori (se ne accorge il tuo istinto, quando ti parlano porti la mano a controllare il portafogli nella tasca della giacca). La prossima volta presentate gente più presentabile, meno abbronzata (non perchè lavori nei campi) e che sappia dire due parole in croce senza copione e che magari abbia una idea propria originale (che non sia quella di sistemarsi con tutta la famiglia). La prossima volta presentate delle persone per bene, che si facciano conoscere prima delle elezioni (cioè ti dicano "Buongiorno" se ti incrociano) e che non lascino una scia di bava e cerone (e parlo di uomini e donne che ti sorridono da foto photoshoppate).
 La prossima volta che andrò a votare voglio votare per uomini e donne che pensano di far qualcosa per tutti, e me ne frego del colore, in politica sono daltonico. Si sono un coglione ottimista, te pensa, e allora?
Pace e bene e buon lavoro italiani.

Friday, April 29, 2011

"Il Lavoro è Onore"

Questa frase mi è tornata in mente stamattina, mentre sceglievo un paio di calzini puliti dal solito cassetto. Un corto circuito tra il colore dei calzini (blu), il gesto (ricordo mio padre rovistare in un cassetto simile, avrò avuto l'età di mia figlia) e la voce di mia figlia che mi parlava di un torneo di pallavolo organizzato per domenica 1° Maggio. "Il Lavoro è Onore". La frase veniva pronunciata con le maiuscole. Sono secoli che non la sento. Nessuno la pronuncia più. Mio nonno smontava e riparava i giganteschi motori diesel delle navi, nuotava nell'olio; mio padre creava e riparava meccanismi di precisione con mani da alfabeto Braille; io sono un professore universitario. Ho preso l'ascensore, loro hanno pagato la corsa, io anche, ma ne è valsa la pena. Mentre scrivo mi è tornata in mente la prima occasione durante la quale mio padre mi travasò queste parole nell'orecchio. Ricordo la strada in cui giocavo e uno spazzino con la sua scopa di saggina e un carretto con due bidoni metallici sopra. Lo spazzino spingeva il carretto, si fermava, estraeva la scopa da una guaina di ferro del carretto, la roteava come una katana e spazzava la strada leggermente curvo, fasciato in una specie di spolverino grigio corredato di regolamentare cappello grigio anch'esso, munito di visiera scura. Un ufficiale della pulizia. Ridevo della battuta infantile. Il papà di un mio compagno di scuola, di cui non ricordo il nome, era uno spazzino. Il nostro maestro ci correggeva: operatore ecologico, non spazzino! Quella mattina condivisi la mia scienza infusa con mio padre. La sigaretta appena accesa gli pendeva dalle labbra. "Non importa il nome o se è uno spazzino, l'importante è che lavori, il Lavoro è Onore." Il lavoro. Papà non mi parlava mai di denaro, solo di opportunità. Un uomo è ciò che vive, ciò che pensa, ciò che fa, come si comporta. Un uomo è il suo impegno a vivere e a costruire con tutte le sue forze. Un uomo è un titano. Di fronte alla saggezza di quell'operaio, di fronte alla sua moralità stamattina mi sono sentito piccolo. Ho preso l'ascensore come molti, ma sono andato in garage. Siamo andati nel basement, la cantinetta della villetta del fine settimana della vacanza del programma del profitto della bella vita della figa della ghè pensi mi del niente. Hanno ammazzato l'homo faber e il telegramma mi è arrivato stamattina. Su coraggio, buon primo Maggio.

Thursday, April 21, 2011

Sette di tutto (IV)

Mamma! Mamma è buio!  Ho paura, è buio.  Mamma dimmi che mi vuoi bene e che non mi lascerai mai. Mamma stringimi e balliamo insieme, insegnami a ballare.  Mamma quel mostro verde mi ha morso mamma, mi ha fatto male, ma io non ho pianto, io sono un uomo.  Mamma, stai con me, ho paura del buio.  Ho freddo mamma.  Dov'è Tito mamma? Mamma, io lo so che tu e Tito mi volete bene.  E' vero? E' vero? Mamma dimmi che mi vuoi bene. Almento tu, mamma, tu e Tito. 

La suora ha l’alito cattivo. Lo si sente da due metri. Per il resto, da dietro le ali bianche della sua cuffia il suo mestiere lo sa fare.
Taglia e cuce come un chirurgo e non è arrogante come loro. Fascia braccia e gambe e teste con mano leggera e non dorme mai  o cosi sembra. Nonostante l’alito ha sempre un sorriso stampato in faccia. Lo aveva anche qualche mese fa quando dava una mano a fermare l’emoraggia dallo stomaco bucato di un soldato tedesco  di diciotto anni che urlava di  non voler morire e chiamava sua madre.  L’ultimo morto tedesco di quei cinque giorni. Lei gli parlava con dolcezza in tedesco e gli sorrideva accarezzando i capelli biondi, gli diceva che il dottore era bravo e che non sarebbe morto. Davanti al suo cadavere cinque minuti dopo  aveva detto che questa era la volontà del Signore, amen e gli aveva chiuso gli occhi verdi sbarrati su qualche inferno o su qualche valalla nibelungo. Strana donna Suor Ginetta da Trento, strana suora dall’alito cattivo.  Qualche anno prima, qualche giorno prima di Natale, il primario di chirurgia, il dottor Spreafico, camicia nera dai tempi della Marcia, le aveva chiesto con un sorriso virile: “Ma suor Ginetta , ma perché ha lasciato le nostre belle Alpi?” lui che non era mai stato più a  nord di Roma e lei gli aveva risposto sempre sorridendo: “Perchè faceva troppo freddo”.
”Ah, beh...certo, certo...”. Strana donna Suor Ginetta da Trento. Si affaccia da dietro la porta bianca ed il medico più che vederla ne avverte la presenza da dietro gli occhi chiusi, forse anche l’afrore. L’odore di una suora vestita di bianco dovrebbe essere di violetta o di lavanda. Suor Ginetta sa di etere e aglio della cucina e di tutta la sofferenza del mondo.
 Con gli occhi ancora chiusi il giovane solleva la testa.
”Va bene sorella arrivo”
Il medico sbadiglia e si strofina gli occhi arrossati.  Venti minuti di sonno senza sogni in venti ore, venti minuti seduto ad un tavolaccio.
 “Avanti un altro tanto...”
Tanto sono rimasti solo in due e mezzo in ospedale: lui, Mauro Pacelli e il regalo.
Il medico trascina i piedi sino alla porta e si ferma. Sull’uscio un soldato americano negro enorme  ha un bambino svenuto tra le braccia. Le ali della cuffia di Suor Ginetta spuntano  dalle sue spalle “Ha detto che voleva il dottore se no non lo lasciava il bambino”
“Doc, bambino fatto male…caduto trak”
“Si si va bene... vieni mettilo qui” Il dottore lo prende per un braccio e gli indica un tavolo coperto da un lenzuolo. Il soldato si fa guidare docilmente  e posa il bambino sul tavolo. “folen daun ”
Lo scimmione ha una voce potente  e profonda “blood sanguie sanguie”
“Va bene...adesso  go, go su. Sorella portatelo  via.” Suor Ginetta stende le braccia verso il petto del soldato che resta immobile. La sua camicia ha un enorme macchia marrone a sinistra.  Il soldato americano guarda  giù verso il sorriso della suora e si allontana.
Il bambino è magro,  troppo magro  per i suoi sei, sette anni. Le costole si possono contare . Qui, questa é rotta, la sesta a destra. i polmoni sono a posto però. Un pò di graffi alle gambe e alle braccia. Brutto taglio al cuoio capelluto. Ci mettiamo  due, no tre  punti. Ha un inizio di scorbuto.
“Ale atque vale doc. Posso darti una mano?”
“ Si Julian, aiutami a fasciarlo...Suor  Ginetta le bende... ne abbiamo? “
“Solo vecchie lenzuola”.
“Sono pulite almeno?”
“Si dottore, qualcuna di pulita c’è, la cerco”
Julian è bravo a fasciare, delicato e deciso al tempo stesso.
Julian T. Owen, detto il regalo, the gift . E’ il regalo della Royal Navy della perfida Albione per i bisogni sanitari dei nuovi alleati, è il regalo di Dio alle donne del mondo secondo lui. Julian T. Owen è un veterinario di Swansea, Galles, Regno Unito, vecchi nemici, nuovi amici e poi non tanto. Lui viene da un paese strano che è fatto di pecore e colline. Colline e pecore e pub spersi nel nulla, che poi sono come le nostre osterie da quello che si capisce. Colline e pecore e love spoon, promesse d’amore di legno che Julian regala a donne dai nomi impronunciabili che vivono in posti dai nomi impronunciabili e che lui recita come scioglilingua quando racconta di quella volta che un marito poco spiritoso gli aveva sparato addosso.
Julian è un veterinario figlio di un pittore un po' strabico , ma bravo.
Tanto bravo da aver dipinto un quadro del principe del Galles, l’erede al trono. Julian è un bravo ragazzo ed un bravo veterinario che ama più gli animali che gli uomini.
 “Guarda che per noi le pecore sono come persone e se si ammalano le curiamo bene perché da noi o hai molte pecore o ti tocca andare in miniera a scavare carbone in ginocchio e a non vedere la luce del sole per mesi. Scendi nel pozzo prima dell’alba ed esci che è notte. Poi tra animali e uomini le differenze sono poche, per qualcuno nessuna. Forse gli animali sgravidano  di spalle e le donne di faccia, ma sono particolari”.
Decisamente Julian ama più gli animali degli uomini, ma si lucida ogni giorno gli stivali  e cerca di essere sempre bello per le donne.