Rat race

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Friday, January 7, 2011

Libeccio (I)

Il vento che viene dal mare entra nella stanza dalla finestra socchiusa. Libeccio. Ad Aprile capita. Aprile è il più crudele dei mesi. Anche gli altri non scherzano. Però Gennaio non è stato male quest'anno. A gennaio ho beccato quella terrorista del cazzo. L'ho beccata io, si è arresa a me, non ne poteva più di fuggire. Me lo sono trovata alla porta del mio ufficio. Quei coglioni della guardiola non l'hanno riconosciuto e poi chi cazzo lo poteva riconoscere con gli occhialini e la parrucca? Coglioni. Grandissima puttana.
“Buongiorno” mi dice ”posso entrare?”
“Lei chi è?”
”So che mi cercava”
“Ma lei chi è?”
“Mi chiamo Silvana Di Stefano”
Non ho mai estratto la pistola cosi velocemente. Poi è stato il casino. Tu, mia cara saresti stata felice finalmente di vedere la mia foto in prima pagina mentre portavo via la Di Stefano. Saresti stata orgogliosa di me, di tuo marito sbirro che non è mai a casa, vero Eli?
Dalle cornici scure appese alla parete in penombra della camera da letto,due bambini in tenuta da calciatore sorridono sdentati, un primo piano di una sorridente giovane donna solleva i capelli scuri per mostrare gli anelli metallici appesi al suo orecchio sinistro. Nessun cenno di apprezzamento per il gesto eroico dello sbirro, nessuna risposta.
Il silenzio viene interrotto dall’autobus della linea sette che si ferma poco distante in strada, con il rumore idraulico delle porte che si aprono e chiudono in due secondi. Qualcuno scende e nessuno sale sull’autobus in via dei Fornai a quell’ora. Passi di donna oltrepassano le finestre della casa. Il commissario Luca Montroni si solleva dal letto mettendosi seduto e automaticamente si accende la prima sigaretta della giornata. Prima boccata e la gentile mano sinistra scosta l'elastico delle mutande dando maggiore libertà alla pancia pallida. Le foto dei due bambini e della donna dalla bella bocca ignorano sdegnosamente la manovra. Cinquanta flessioni. Cinquanta sollevamenti con il bilanciere da venti chili. Dieci minuti di sacco. Doccia tiepida e seconda sigaretta. Oggi ne fumerò cinque, forse sei o sette. E la pancia non cala, è sempre lì, pallida e triste come un peccato. Forse non sparisce perchè da sei mesi il commissario mangia male, malissimo: sempre un panino a pranzo e a cena trattoria, e poi vino o liquori. E poi si mangia male quando tua moglie va via. Mangi  tristezza quando i tuoi figli dormono in casa di un altro e tu accarezzi la tua pistola d’ordinanza e vorresti una donna nel tuo letto, ma non ne vuoi una qualsiasi. Vuoi la tua. Oggi fumerà un pacchetto intero. Oggi deve accompagnare in carcere un coglione d’avvocato dalla Di Stefano. Ma perché? Ordini superiori, non capisce, ma si adegua.  Si allaccia la camicia nella casa vuota e sente quella maledetta pancia li sotto che spinge il bottone. Fuori, fuori, fuori, fuori da qui, alla luce. Via in mezzo al casino, in mezzo a tutti quelli che sorridono quando passa e smettono se lui li guarda negli occhi. Via, via, via. Tanto la notte torna sempre.


“Giorgio, torni a pranzo?”
“No...non lo so, dipende…”
“Ma torni o no?”
“Non lo so dipende dal magistrato...”
“Se torni dico a Cinzia di comprare i ravioli, se no per me sola basta il minestrone”
“Senti, prendo un panino al bar del tribunale perché dipende da che ora mi sbrigo”
“Ma perché devi andare da quel magistrato?”
“Perché ha chiesto di me”
“Ma perché?”
La donna si affaccia nella camera da letto.
“Senti..non lo so…so solo che vuole vedermi.”
“Giorgio tu mi nascondi qualcosa…lo sai chi è quello? Lo sai? Te lo ricordi?”
“Lo so”
“E’ quello del processo Iovine, quello in cui hanno coinvolto anche papà! Quello voleva mandare in carcere mio padre!”
“Si, lo so è lui…ma è una storia di dieci anni fa…dai, vedrai che è qualcosa che ha a che fare con il riciclaggio …stai tranquilla, sarà una consulenza”
“Ma quello è uno stronzo, magari vuole ancora vendicarsi di noi, della nostra famiglia, di papà...”
“Ma no, figurati”
“Ma non hai paura di incontrarlo quello li?”
La donna, alta e snella, gli è apparsa alle spalle. E’ già fasciata da un tailleur grigio chiaro, un giro di perle al collo, poco trucco . Non ne ha bisogno. La vede riflessa nello specchio, i capelli raccolti in una coda, è semplicemente bellissima. Davanti a quello specchio l’avvocato Giorgio Pittaluga si sistema per la terza volta la cravatta. L'ha comprata a Napoli l’anno scorso. I due riflessi si guardarono nello specchio.
“Allora non torni a pranzo?”
“No”

4 comments:

  1. ciao bartel buon 2011!!!
    ti auguro felice in tutto
    ^_^
    ho finito dileggere la storia di funambola e ho letto il 1 cap di libeccio, debbo dire che le tue storie mi piacciono molto perchè intrecciano la fantasia con la realtà amara traspirano verità che vengono dalla vita reale
    e fanno riflettere su come girano le cose in certi ambiti diciamo delicati
    complimenti!!!
    un saluto e buon week end bartel

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  2. per ora un saluto al volo e ben ritrovato
    poi torno a godermi con calma quello che mi son persa in questo periodo di feste che finalmente è finito
    :-)mandi

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  3. Sono tornata a leggere il tuo blog dopo un'infinità. Bello questo racconto, penso che il noir sia nelle tue corde. Attendo il seguito. Buon anno!

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  4. Ciao Bartel. Sono un po' a corto di tempo ultimamente, però questa storia non voglio perdermela. La leggerò seguendo i miei ritmi. E' molto convincente questo inzio: hai dispensato informazioni e dipinto situazioni che un lettore non può non approfondire...
    Un saluto.
    Carmine

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